Riforme e controriforme
Il dilemma dell'Esame di Stato
Arrivati a Natale, gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori non hanno ancora chiaro come si svolgerà la loro prova di maturità, complici alcune proposte del Governo che non hanno ancora trovato attuazione
Camilla Gaggero | 31 dicembre 2014
Eliminiamo per sempre l’Esame di Stato. È la proposta volutamente provocatoria dei Presidi della DiSal (associazione di dirigenti di scuole statali e paritarie), ma è probabilmente la soluzione migliore per far cessare il teatrino della politica a cui stanno assistendo con grande apprensione gli studenti italiani.
Da diversi mesi infatti si parla di modificare l’esame di maturità nella bozza della legge di stabilità. Ma entro quali tempi? E soprattutto con quale modalità? Non lo sa nessuno, Governo incluso. Il punto nevralgico di questa ipotetica manovra tratta le commissioni d’esame, che per l’anno corrente dovrebbero essere formate solo da membri interni, ad eccezione del presidente, a differenza degli anni scorsi, quando c’era una divisione equa tra membri interni ed esterni.
Se da una parte in questo modo i ragazzi sarebbero più tutelati e quindi affronterebbero le prove con meno ansia, dall’altra ha poco senso per i professori dover rivalutare i propri alunni a distanza di soli dieci giorni dallo scrutinio finale.
Ma perché questa manovra? Come sempre è una questione economica: si risparmierebbero circa 140 milioni di euro. Del resto il pareggio di bilancio ha la precedenza sulla preparazione degli studenti, i futuri lavoratori. Indubbiamente, comunque, 140 milioni di euro non sono affatto una cifra insignificante e a chi dice che una commissione interna potrebbe valutare a maglie larghe gli studenti si può rispondere che anche con il sistema attuale delle commissioni miste ben il 99.2% dei maturandi è promosso.
Le idee della ministra dell’Istruzione Giannini, però, non si limitano a questo: ci sono indiscrezioni anche sull’introduzione di nuovi scritti nella terza prova, sull’eliminazione della tesina e su possibili modifiche alla prima prova, in quanto l’analisi del testo favorisce molto gli alunni dei licei a discapito di chi ha affrontato diversi percorsi di studio.
Insomma, ogni certezza sull’esame è crollata e i dubbi continuano ad aumentare perché, se un giorno sembra ufficiale che la commissione cambi, puntualmente il giorno dopo, se non prima, arriva la smentita. Così il Miur, quando era ormai quasi certo il contrario, fa sapere attraverso una notizia pubblicata su “Il sole 24 ore” che la legge di stabilità non comprende più la voce che aboliva le commissioni miste.
Finalmente una certezza, che sicuramente non accontenta tutti, ma almeno pone dei punti fermi, direte voi. Mai sperare in anticipo: il 27 ottobre la Giannini riaccende la discussione affermando che tale questione verrà affrontata in un testo più adatto della legge di stabilità, ossia nel decreto scuola di gennaio 2015.
Gli alunni delle classi quinte, quindi, dovranno ancora aspettare per avere una risposta. Nel frattempo, comunque siano composte le commissioni d’esame, dovranno studiare. Il vero problema è sapere il prima possibile come saranno strutturate le prove scritte e se sarà sempre obbligatoria la stesura di una tesina.
Se studenti e professori criticano il Governo quindi, non è nel merito delle modifiche in sé, ben accette se servono davvero a migliorare: ad essere sotto accusa è la tempistica, perché le novità non possono essere comunicate ad aprile o maggio: è troppo tardi. Prima si danno delle risposte chiare e non discordanti e prima gli studenti possono prepararsi al meglio: non si impara in un giorno come scrivere un saggio breve o come risolvere un problema con integrali e limiti. Come regalo di Natale vogliamo che smetta lo snervante ping-pong di notizie e smentite immediatamente successive.
Da diversi mesi infatti si parla di modificare l’esame di maturità nella bozza della legge di stabilità. Ma entro quali tempi? E soprattutto con quale modalità? Non lo sa nessuno, Governo incluso. Il punto nevralgico di questa ipotetica manovra tratta le commissioni d’esame, che per l’anno corrente dovrebbero essere formate solo da membri interni, ad eccezione del presidente, a differenza degli anni scorsi, quando c’era una divisione equa tra membri interni ed esterni.
Se da una parte in questo modo i ragazzi sarebbero più tutelati e quindi affronterebbero le prove con meno ansia, dall’altra ha poco senso per i professori dover rivalutare i propri alunni a distanza di soli dieci giorni dallo scrutinio finale.
Ma perché questa manovra? Come sempre è una questione economica: si risparmierebbero circa 140 milioni di euro. Del resto il pareggio di bilancio ha la precedenza sulla preparazione degli studenti, i futuri lavoratori. Indubbiamente, comunque, 140 milioni di euro non sono affatto una cifra insignificante e a chi dice che una commissione interna potrebbe valutare a maglie larghe gli studenti si può rispondere che anche con il sistema attuale delle commissioni miste ben il 99.2% dei maturandi è promosso.
Le idee della ministra dell’Istruzione Giannini, però, non si limitano a questo: ci sono indiscrezioni anche sull’introduzione di nuovi scritti nella terza prova, sull’eliminazione della tesina e su possibili modifiche alla prima prova, in quanto l’analisi del testo favorisce molto gli alunni dei licei a discapito di chi ha affrontato diversi percorsi di studio.
Insomma, ogni certezza sull’esame è crollata e i dubbi continuano ad aumentare perché, se un giorno sembra ufficiale che la commissione cambi, puntualmente il giorno dopo, se non prima, arriva la smentita. Così il Miur, quando era ormai quasi certo il contrario, fa sapere attraverso una notizia pubblicata su “Il sole 24 ore” che la legge di stabilità non comprende più la voce che aboliva le commissioni miste.
Finalmente una certezza, che sicuramente non accontenta tutti, ma almeno pone dei punti fermi, direte voi. Mai sperare in anticipo: il 27 ottobre la Giannini riaccende la discussione affermando che tale questione verrà affrontata in un testo più adatto della legge di stabilità, ossia nel decreto scuola di gennaio 2015.
Gli alunni delle classi quinte, quindi, dovranno ancora aspettare per avere una risposta. Nel frattempo, comunque siano composte le commissioni d’esame, dovranno studiare. Il vero problema è sapere il prima possibile come saranno strutturate le prove scritte e se sarà sempre obbligatoria la stesura di una tesina.
Se studenti e professori criticano il Governo quindi, non è nel merito delle modifiche in sé, ben accette se servono davvero a migliorare: ad essere sotto accusa è la tempistica, perché le novità non possono essere comunicate ad aprile o maggio: è troppo tardi. Prima si danno delle risposte chiare e non discordanti e prima gli studenti possono prepararsi al meglio: non si impara in un giorno come scrivere un saggio breve o come risolvere un problema con integrali e limiti. Come regalo di Natale vogliamo che smetta lo snervante ping-pong di notizie e smentite immediatamente successive.