A colloquio con… gli imprenditori
I manager dello shipping
A soli 31 anni, Gian Enzo Duci è diventato amministratore delegato di Esa Group, azienda leader della gestione navale. E ai ragazzi dice: siate curiosi, sempre
Clara Conti | 10 dicembre 2013
Di cosa si occupa l’azienda Esa Group?
È la più grossa realtà italiana di gestione navale: ci occupiamo della gestione degli equipaggi e delle attività di manutenzione, dell’amministrazione di bandiera e del rapporto con gli enti di classifica. Insomma, tutta una serie di attività che permettono a una nave di poter andare in giro per il mondo in maniera sicura. Non ci occupiamo invece della gestione commerciale, che rimane in capo agli armatori. La nostra realtà è qualcosa di abbastanza atipico sul mercato italiano, perché di solito le imprese armatoriali sono di tipo familiare e tendono ad occuparsi di tutto. All’estero invece ci sono realtà armatoriali più grandi, e quindi è più facile assistere ad una terzializzazione dell’attività.
Lei è diventato amministratore delegato a soli 31 anni: che effetto fa?
Noi abbiamo un sistema di governance articolato e complesso: pur non essendo un gruppo tanto grande – siamo un centinaio – c’è un azionariato frazionato. Certo, è indiscutibile che io sia arrivato in questa posizione anche perché c’era la mia famiglia, ma considerate che ho iniziato questo lavoro dal basso, ho fatto la mia gavetta e dopo dieci anni sono approdato a questa posizione. Sicuramente mi ha aiutato l’esperienza all’estero appena finita l’università: ho lavorato in una multinazionale americana che si occupa dello stesso tipo di attività. Questo mi ha aperto molti orizzonti.
Qual è stata la sua formazione accademica?
Io ho studiato Economia marittima e dei trasporti: sono stato uno dei primi e questo mi ha aiutato perché ho sfruttato l’ondata di entusiasmo nei confronti di questo corso di laurea. Io e miei compagni di corso siamo stati effettivamente una generazione fortunata: molti dei miei coetanei che hanno studiato con me oggi si trovano a ricoprire incarichi piuttosto importanti.
Cosa fa l’amministratore delegato di ESA Group?
Io mi occupo principalmente di consulenza dei clienti nella scelta della bandiera e degli elementi organizzativi della gestione armatoriale.
Quanto è importante la formazione all’università?
Moltissimo, naturalmente. Ma non è l’unica cosa che conta: spesso alcune esperienze di vita che ci sembrano secondarie sono invece importanti per le imprese che devono selezionare dei candidati. Mi riferisco certamente alle esperienze professionali, ma anche ad attività di volontariato o sportive.
Io stesso faccio il velista: praticare uno sport seriamente significa anche avere la capacità di organizzare il proprio tempo.
Come si coniuga il suo lavoro con la sua passione?
A fatica, però io da sempre credo che più uno fa cose, più tempo trova per farne. Ritengo inoltre di avere la capacità di organizzare il mio tempo in maniera selettiva e rigorosa, è un mio punto di forza.
Lei è stato anche presidente del gruppo giovani Federagenti (la Federazione nazionale agenti raccomandatari marittimi e mediatori marittimi): cosa le ha lasciato questa esperienza?
Io l’ho fatto a livello genovese, italiano ed europeo: mi sono confrontato con realtà diverse ed è stato molto interessante. Può sembrare strano, ma paradossalmente è stato più stimolante il livello locale perché si ha un contatto maggiore e gli effetti di quello che uno cerca di fare sono più visibili. A livello europeo è più una cosa formale.
Secondo lei nel suo settore c’è un sufficiente ricambio generazionale?
Sicuramente sì, anche rispetto ad altri ambiti produttivi della nostra città. Il nostro è un settore che da anni ha una politica formativa e di ricerca di personale forte: abbiamo un job center che ha piazzato negli anni parecchie persone e un corso di formazione che va avanti da ormai 40 anni.
La cosa più bella del suo lavoro…
Vedere che gli imprenditori con cui collabori riescono a investire su nuove navi; trovare soluzioni per far stare un’azienda sul mercato: sono cose che ti danno molta soddisfazione.
Secondo lei prima di avviare un’impresa è sempre meglio fare esperienza in un’altra realtà?
Non è un obbligo, ma ritengo possa essere sicuramente utile: la mia esperienza nella multinazionale americana lo è stata. Misurarsi in un contesto di medio-grandi dimensioni ti fa capire delle dinamiche che stando soltanto nella tua piccola realtà potresti non scoprire mai.
E quali sono gli errori più facili da commettere?
Non saper valutare le priorità: nell’ambito della gestione dell’impresa l’organizzazione del tempo è forse più importante di quella economica. Definire le priorità in termini di iniziative e risorse proprie è un’attività centrale: perderla di vista è un grosso rischio.
Dia un consiglio ai giovani.
Formatevi in maniera atipica: in un mercato competitivo come quello attuale la formazione standard non è sufficiente. Viaggiate, imparate le lingue, tenete il cervello acceso e mettetevi in gioco, senza abbandonare mai la curiosità.
È la più grossa realtà italiana di gestione navale: ci occupiamo della gestione degli equipaggi e delle attività di manutenzione, dell’amministrazione di bandiera e del rapporto con gli enti di classifica. Insomma, tutta una serie di attività che permettono a una nave di poter andare in giro per il mondo in maniera sicura. Non ci occupiamo invece della gestione commerciale, che rimane in capo agli armatori. La nostra realtà è qualcosa di abbastanza atipico sul mercato italiano, perché di solito le imprese armatoriali sono di tipo familiare e tendono ad occuparsi di tutto. All’estero invece ci sono realtà armatoriali più grandi, e quindi è più facile assistere ad una terzializzazione dell’attività.
Lei è diventato amministratore delegato a soli 31 anni: che effetto fa?
Noi abbiamo un sistema di governance articolato e complesso: pur non essendo un gruppo tanto grande – siamo un centinaio – c’è un azionariato frazionato. Certo, è indiscutibile che io sia arrivato in questa posizione anche perché c’era la mia famiglia, ma considerate che ho iniziato questo lavoro dal basso, ho fatto la mia gavetta e dopo dieci anni sono approdato a questa posizione. Sicuramente mi ha aiutato l’esperienza all’estero appena finita l’università: ho lavorato in una multinazionale americana che si occupa dello stesso tipo di attività. Questo mi ha aperto molti orizzonti.
Qual è stata la sua formazione accademica?
Io ho studiato Economia marittima e dei trasporti: sono stato uno dei primi e questo mi ha aiutato perché ho sfruttato l’ondata di entusiasmo nei confronti di questo corso di laurea. Io e miei compagni di corso siamo stati effettivamente una generazione fortunata: molti dei miei coetanei che hanno studiato con me oggi si trovano a ricoprire incarichi piuttosto importanti.
Cosa fa l’amministratore delegato di ESA Group?
Io mi occupo principalmente di consulenza dei clienti nella scelta della bandiera e degli elementi organizzativi della gestione armatoriale.
Quanto è importante la formazione all’università?
Moltissimo, naturalmente. Ma non è l’unica cosa che conta: spesso alcune esperienze di vita che ci sembrano secondarie sono invece importanti per le imprese che devono selezionare dei candidati. Mi riferisco certamente alle esperienze professionali, ma anche ad attività di volontariato o sportive.
Io stesso faccio il velista: praticare uno sport seriamente significa anche avere la capacità di organizzare il proprio tempo.
Come si coniuga il suo lavoro con la sua passione?
A fatica, però io da sempre credo che più uno fa cose, più tempo trova per farne. Ritengo inoltre di avere la capacità di organizzare il mio tempo in maniera selettiva e rigorosa, è un mio punto di forza.
Lei è stato anche presidente del gruppo giovani Federagenti (la Federazione nazionale agenti raccomandatari marittimi e mediatori marittimi): cosa le ha lasciato questa esperienza?
Io l’ho fatto a livello genovese, italiano ed europeo: mi sono confrontato con realtà diverse ed è stato molto interessante. Può sembrare strano, ma paradossalmente è stato più stimolante il livello locale perché si ha un contatto maggiore e gli effetti di quello che uno cerca di fare sono più visibili. A livello europeo è più una cosa formale.
Secondo lei nel suo settore c’è un sufficiente ricambio generazionale?
Sicuramente sì, anche rispetto ad altri ambiti produttivi della nostra città. Il nostro è un settore che da anni ha una politica formativa e di ricerca di personale forte: abbiamo un job center che ha piazzato negli anni parecchie persone e un corso di formazione che va avanti da ormai 40 anni.
La cosa più bella del suo lavoro…
Vedere che gli imprenditori con cui collabori riescono a investire su nuove navi; trovare soluzioni per far stare un’azienda sul mercato: sono cose che ti danno molta soddisfazione.
Secondo lei prima di avviare un’impresa è sempre meglio fare esperienza in un’altra realtà?
Non è un obbligo, ma ritengo possa essere sicuramente utile: la mia esperienza nella multinazionale americana lo è stata. Misurarsi in un contesto di medio-grandi dimensioni ti fa capire delle dinamiche che stando soltanto nella tua piccola realtà potresti non scoprire mai.
E quali sono gli errori più facili da commettere?
Non saper valutare le priorità: nell’ambito della gestione dell’impresa l’organizzazione del tempo è forse più importante di quella economica. Definire le priorità in termini di iniziative e risorse proprie è un’attività centrale: perderla di vista è un grosso rischio.
Dia un consiglio ai giovani.
Formatevi in maniera atipica: in un mercato competitivo come quello attuale la formazione standard non è sufficiente. Viaggiate, imparate le lingue, tenete il cervello acceso e mettetevi in gioco, senza abbandonare mai la curiosità.