Lo scorso 23 agosto il segretario dem Enrico Letta ha rilanciato la proposta di riformare l’obbligo scolastico in Italia, tra i fischi della platea del Meeting di Rimini. L’idea sarebbe quella di abbassare l’entrata nel mondo dell’istruzione a partire dai 3 anni e prolungare l’obbligo scolastico fino ai 18 anni, obbligo che - ad oggi - è solo "formativo". Ma qual è la situazione attuale nel nostro paese e in Europa? E quali sono state le reazioni della politica alle parole del leader PD?
Com'è la situazione attuale
La scuola dell'obbligo in Italia è attualmente impartita "per almeno dieci anni e riguarda la fascia di età compresa tra i 6 e i 16 anni", si legge sul sito del MIUR. "L’adempimento di quest’obbligo è finalizzato al conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il 18° anno di età”.
Con la proposta di Letta il periodo della scuola dell’obbligo salirebbe ulteriormente da 10 a 15 anni. Attualmente - spiega Micromega - vige infattia la distinzione tra obbligo scolastico (fino ai sedici anni) e obbligo formativo (fino ai diciotto anni). Quest’ultimo può essere assolto nella formazione professionale: tale distinzione risale alle riforme introdotte dal ministro Berlinguer, e prevede due distinti percorsi per l'assoluzione dell'obbligo: uno di istruzione e uno di formazione professionale.
L'obbligo scolastico all'estero
L’ingresso a scuola in un’età sempre più bassa, scrive La Repubblica, è un percorso comune all’Unione Europea. L’inizio ai 3 anni è previsto nell’Ungheria di Orbán e nella Francia di Macron. La soglia di ingresso fissata a 4 anni è prevista in Irlanda del Nord (alla primaria), Lussemburgo e Grecia. Si parte a 5 anni in Inghiltera (primaria), Olanda, Austria, Bulgaria e Repubblica Ceca. Oltre all’Italia, anche in altri cinque Paesi dell’Ue l’obbligo scolastico va dai 6 ai 16 anni: Danimarca, Irlanda, Spagna, Lituania e Svezia. In altri cinque Paesi l’obbligo comincia invece a 5 anni e prosegue fino ai 16. L’inizio più tardivo, a 7 anni, è in vigore in Estonia e Croazia, mentre in sette Paesi l’obbligo termina ai 15 anni.
Pro e contro
L’estensione a 18 anni - scrive Innocenzo Cipolletta sul Sole 24 Ore - comporterebbe anche un aumento del numero di insegnanti e nuovi investimenti nel sistema scolastico. L'ottica di un futuro migliore per il paese e le nuove generazioni, magari finanziato coi fondi del PNRR, è anche appoggiato da Claudia Pratelli, sul Manifesto, che parla di una misura "antitetica a quella, galoppante in anni recenti, dell’istruzione di eccellenza per pochi, del merito come foglia di fico per celare le diseguaglianze, della privatizzazione della scuola".
“Sono favorevole all’obbligo scolastico fino a 18 anni. Così si fa in molti Paesi esteri" ha commentato Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi. "Se dobbiamo garantire un livello minimo ai nostri studenti, dobbiamo guardare a cosa si fa intorno a noi e 18 anni è un compromesso accettabile”.
Contrari in coro invece i rappresentanti politici del centro-destra, da Salvini a Calenda. Il leader di Azione ha commentato così le parole del segretario PD: "Letta ha detto una cosa che non si può sentire. L’obbligo fino ai 18 anni sta nel nostro programma, ma essere costretti a mandare i nostri figli a scuola dalla materna non si può sentire". Anche Vincenzo Pascucci, in un editoriale su Tecnica della Scuola, è critico della proposta, fatta secondo lui da "chi conosce poco la scuola attuale, e non sa di disagi, fallimenti, dispersione, affollamenti di classi, precariato".