Anche la scuola prova a uscire dalla pandemia: dopo numerose discussioni, il ministro dell'istruzione Patrizio Bianchi ha optato per un esame che non sta più sotto la cosiddetta "dittatura del virus". L'esame di stato riveste infatti un ruolo di grande importanza nel processo di riforma complessiva che sta investendo il mondo della formazione nel nostro Paese. Quest’anno l'esame si svolgerà con una nuova, ma allo stesso tempo vecchia, formula, che però non è stata molto gradita dai maturandi sia attuali che futuri e prevede due prove scritte, una tesi di diploma e infine un colloquio orale.
È quindi ufficiale il ritorno delle prove scritte: saranno due e in presenza. Una di italiano, predisposta su base nazionale e articolata su tre tipologie con sette tracce, ed una sulle discipline di indirizzo (greco e latino per il classico; fisica e matematica per lo scientifico). Successivamente si svolgerà un colloquio orale che si aprirà con l'analisi di un materiale scelto dalla commissione, come un testo, un documento oppure un problema, a cui il candidato sarà sottoposto. La valutazione invece rimane indifferente: il voto massimo è pari a 100, mentre il voto minimo a 60 e i più meritevoli potranno aspirare alla lode. Le prove dell'esame, le due scritte e l'orale, varranno in tutto 50 punti, proprio come i crediti ottenuti nel corso del triennio.
I maturandi però si dicono arrabbiati: Ivan, 17 anni, del Liceo scientifico Farnesina di Roma afferma che “la decisione, di tornare a due scritti, è stata presa senza tenere in considerazione le condizioni in cui abbiamo studiato”. Anche Alessandro, 18enne del Liceo classico Tacito di Roma sostiene che “durante questi tre anni di pandemia abbiamo accumulato troppe lacune e non ci sono gli strumenti per riuscire ad affrontare un esame del genere, pieno di ansia e stress”.