Gli studenti scendono in piazza, ma qual è la posizione degli altri componenti della scuola? Abbiamo ascoltato Antonello Giannelli, presidente dell’ANP (Associazione Nazionale dei Presidi) per capire la posizione del sindacato dei dirigenti scolastici italiani.
PCTO: si rischia di buttare nel fuoco delle proteste studentesche anche quello che c’è di buono?
L’alternanza scuola lavoro è un’attività imprescindibile e utile per la formazione dei ragazzi perché dà loro modo di entrare in contatto con un’organizzazione di tipo diverso da quella scolastica. Si trovano davanti a una nuova forma di organizzazione, imparano a porsi nei confronti di altre persone e acquisiscono nuove competenze. Penso che i due incidenti – assolutamente gravissimi - siano stati utilizzati in modo pretenzioso per affermare una visione ideologica, quella che vuole il lavoro contrapposto alla scuola. Ma lo stage è un’esperienza fondamentale. Ovviamente si deve affermare la sicurezza sul lavoro. Siamo il paese in cui avvengono più incidenti sul lavoro in ambito occidentale, quindi qualcosa non va. Ma prendersela con l’incidente stradale avvenuto durante lo stage è eccessivo: quanti incidenti stradali avvengono a causa di stupefacenti e alcol? Bisogna distinguere i piani: no agli incidenti ma ritengo sbagliato demonizzare un’esperienza di lavoro e studio.
E sulla maturità?
Mi sento di fare due riflessioni: la seconda prova scritta sarà formulata dalla commissione interna, quindi non ci saranno sorprese e mi sento di rassicurare gli studenti; dall’altro lato penso che, non essendoci oggettività nazionale sulla prova scritta, la scelta di reintrodurla sia volta a riaffermare il ritorno alla normalità più che il ritorno a un criterio decimologico uguale per tutti. La legge sugli esami di stato prevede omogeneità ma neanche quest’anno verrà applicata.
Il Ministero ascolta le proteste dei ragazzi?
Le porte del Ministero sono aperte ma ovviamente il suo comportamento è regolato dalla legge, non dal sentore dell’opinione pubblica o degli studenti. Non possono essere gli studenti a decidere quello che si fa a scuola, un po’ come non può essere il malato a decidere la terapia. Ovviamente non significa che non si debba ascoltare ma poi il Ministero ha il diritto di non appiattirsi su queste richieste.
Tra le numerose polemiche, hanno avuto grande risonanza anche quelle sull’abbigliamento.
Dobbiamo distinguere la forma dalla sostanza. La sostanza è che a scuola si va vestiti in modo accettabile, rispettoso dell’istituzione, di sé e dei propri compagni. Le parole utilizzate dalla professoressa del Liceo Righi di Roma sono fuori luogo e non condivisibili ma non possono essere prese a pretesto per attaccare la sostanza del problema. Vestirsi in modo decente non significa in modo castigato, ma è ingiusto equiparare la scuola a un set televisivo. La scuola è un luogo dove bisogna formarsi, non bisogna trasferire alla scuola dei comportamenti che i ragazzi vedono sul piccolo schermo.