Anno nuovo, rubriche nuove per Zai.time, la prima trasmissione radiofonica nazionale partecipata dai ragazzi delle scuole superiori di tutta Italia. Ogni lunedì alle 15.30 “Un quarto d’ora a scuola”: in collegamento i presidi di scuole italiane che si sono distinte per delle buone prassi: presìdi di legalità, punti di riferimento per interi territori, centri di aggregazione e supporto. Ne abbiamo parlato con Antonello Giannelli, preside dell’ANP (Associazione Nazionale Presidi), con cui è nata l’idea di una rubrica che accenda i microfoni alle scuole.
Per via della situazione pandemica, si temeva molto per la riapertura delle scuole, ma al momento la scuola sta reagendo oltre le attese.
Indubbiamente, la scuola ha retto e le lezioni si stanno svolgendo in presenza, anche se con un certo numero di classi in DAD e docenti positivi, ma questo era inevitabile. Se tale risultato è stato raggiunto è grazie al grande lavoro dei dirigenti scolastici, che si occupano di tracciamenti e gestione delle quarantene, attività che dovrebbero essere di competenza delle ASL.
Come mai ciò accade?
Principalmente perché il sistema delle quarantene, come previsto dall'ultimo decreto legge, definisce un protocollo molto farraginoso, di difficile attuazione. Il carico di lavoro è di fatto sulle spalle dei presidi. Le ASL, essendo già oberate dalle attività di loro competenza, non fanno altro che delegare a loro le decisioni. A monte c'è un problema di risorse umane insufficienti e di scarsa capacità organizzativa per far fronte ai numeri della scuola.
Insieme all’Anp, abbiamo dato il via alla nostra rubrica radiofonica Un quarto d’ora a scuola, che lei ha voluto fortemente. Come nasce questa idea?
Penso si debba dare spazio alle scuole e ascoltarne le esigenze. Quando si prendono decisioni bisogna partire da quello che le scuole necessitano e l'unico modo è chiedere a presidi, docenti e alunni. Troppo spesso ci dimentichiamo quanto sia importante dar voce a tutti, nonostante i diversi ruoli.
In che modo la scuola rappresenta il futuro e perché è così centrale per il nostro paese?
La scuola rappresenta il futuro del paese perché è frequentata dagli studenti che, una volta adulti, prenderanno il nostro posto. Inoltre, senza di essa non ci potrebbe essere il mantenimento di un tenore di vita accettabile: si ritornerebbe a quando il sapere era riservato soltanto a poche persone. Il motivo per cui la scuola è centrale è presto detto: in Italia abbiamo circa un milione di persone tra docenti, bidelli e segretari, 8 milioni di studenti, e contando i genitori si raggiunge un totale di 30 milioni di cittadini; metà del paese ha a che fare con la scuola. Infine, è qui che si impara a comportarsi con rispetto: tutti gli insegnamenti appresi tra i banchi verranno applicati nella vita quotidiana.
Quand'è che la scuola si comporta bene?
In molti casi, poi certamente ci può essere qualcosa che non va. I ragazzi crescono e imparano con i loro coetanei, si cresce insieme e pian piano si impara ad approfondire le proprie idee. Credo sia questo il bello della scuola: un servizio unico che si prende cura di noi dall'infanzia fino all'età adulta.
Con la rubrica diamo voce anche ai presidi, una figura che è cambiata molto. Ora è spesso un politico-burocrate, lontano da quel preside che conosceva il nome di tutti gli studenti, meno "umano". Quant'è vero?
L'essere un burocrate è una delle derive negative che non ci dovrebbero mai essere. Ciò è dovuto alla mancanza di personale a scuola: le prassi andrebbero condivise coi dipendenti della segreteria. Uno dei tratti salienti della scuola di oggi è l'incredibile numero di studenti: in una scuola di 200 alunni ci si poteva ricordare il nome di tutti; in 2000 è difficile. In via definitiva fare il preside è più complesso rispetto al passato, perché ci si occupa di tante altre questioni, come la privacy e la sicurezza, temi emersi vent'anni fa. Se si fanno errori sono previste multe molto pesanti o addirittura anni di reclusione, ad esempio per violazioni sulla tematica della sicurezza. Secondo me non si riesce ad arrivare abbastanza preparati: il concorso seleziona chi conosce le leggi a memoria, senza premiare le competenze e l'effettiva capacità di lavorare come dirigente.