Condivisione, empatia, rispetto, amicizia, partecipazione e convivialità: abbiamo chiesto ai nostri compagni di classe e professori da dove dovrebbe partire la rivoluzione della scuola, che il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi definisce “affettuosa”.
“La scuola ha bisogno di più comprensione tra studenti e professori. Per questo partirei dalla parola vicinanza: vicinanza negli intenti e nelle azioni” ci ha risposto uno studente. “Dalla parola empatia – è un’altra proposta -: per capire gli altri bisogna mettersi nei loro panni”. C’è anche chi propone il termine “valore”: “I professori dovrebbero dare più valore al proprio lavoro e agli studenti: avere più fiducia nelle loro capacità e spronare a realizzarsi nella vita creando un rapporto più umano. Ma anche gli studenti dovrebbero dare più valore alla scuola, capendo l’importanza del conoscere e del farsi un bagaglio personale per la propria crescita”. L’ampio concetto di affetto, espresso dal Ministro Bianchi torna più volte nelle voces che abbiamo raccolto a scuola: “Bisognerebbe partire dal rispetto. Alcuni professori non hanno rispetto dei propri alunni e viceversa, ponendosi in maniera ignorante. Questo crea un clima non piacevole nei confronti della scuola”. “Ripartirei dalla parola equilibrio: serve equilibrio tra professori e alunni. Un tempo, la scuola era forse troppo rigida, si aveva paura del professore; oggi invece manca del tutto quel timore e c’è un atteggiamento sgradevole. Servirebbe una linea di intesa tra prof e ragazzi per andare sulla strada insieme”. “Secondo me servirebbe costruire un rapporto di amicizia tra studenti e professori, ma oggi manca il rispetto da parte degli alunni nei confronti dei professori. Bisognerebbe coltivare di più il rapporto con gli alunni anche nei discorsi e nei contesti extrascolastici”. Il desiderio di coltivare di più l’aspetto extrascolastico torna anche in altre opinioni che abbiamo raccolto: “I prof dovrebbero essere maggiormente in grado di capire noi ragazzi. Per questo, possono essere molto utili i percorsi extrascolastici che mettano al centro gli hoppy e le passioni che attirano gli studenti al di là della lezione frontale, come l’arte, l’informatica e la radio scolastiche”. “Cultura e democrazia” sono altri termini emersi dalle nostre interviste; e poi ancora “ascolto (da parte dei dirigenti e dei professori)”; “convivialità extrascolastica”; “impegno (dei professori nel trasmettere qualcosa agli alunni, ma anche dagli alunni che dovrebbero avere più interesse nell’apprendere)”; “partecipazione, che significa democrazie, coinvolgimento e creazione di una comunità partecipe”; “accoglienza, libertà e ascolto”. Secondo alcuni, “i ragazzi dovrebbero essere rimessi al centro della scuola e ritrovare una capacità critica che un tempo era molto più ascoltata. Per fare questo propongo la disintegrazione dei programmi ministeriali e uno studio del vocabolario più attento” e infine c’è chi propone una triplice rivoluzione affettuosa, che parta “dalla comprensione (tra studenti e prof), dalla collaborazione (tra tutte le persone che lavorano nella scuola), dal desiderio (di conoscere ciò che è bello, vero, buono). Perché studiare deriva dal latino studere che significa appassionarsi. La scuola deve appassionare alla vita”.