Occhi rossi.
Bocca secca.
Testa dolorante.
Mani abituate ormai a sfiorare più schermi che volti.
Il risultato finale di una intensa giornata universitaria nel 2021.
Durante l’arco di quest’anno tutti i cittadini, appartenenti ai diversi settori della società, hanno sentito parlare delle proprie condizioni e di ciò che lo Stato si stava impegnando a fare per loro; specie nella fase iniziale, l’ex Ministra Azzolina rilasciava frequentemente interviste e, mostrandosi attiva sui social, rendeva spesso la scuola protagonista delle principali testate giornalistiche. Degli universitari, invece, non parla mai nessuno. Oggi su Google sotto la voce ‘università’, compare unicamente la notizia di sospensione per tre mesi dall’Università di Siena del professor Gozzani a causa degli insulti sessisti lanciati contro Giorgia Meloni. Non c’è alcun riferimento al disagio che stanno affrontando i giovani più tassati e meno aiutati d’Europa.
Il confronto con gli altri Paesi
Ma ci siamo anche noi, migliaia di ragazzi ignorati dal dibattito politico. Proprio noi che avremo la responsabilità di ricostruire l’Italia dopo la pandemia. Appena lo 0,4% del Pil è indirizzato alle università da parte dello Stato, che forse dimentica che noi non siamo una spesa, ma un investimento. Parole come “prestito d’onore” in Italia suonerebbero utopiche: si tratta di una somma garantita dallo Stato, un atto di fiducia verso i giovani da parte degli adulti, che riconoscono in questi il futuro del Paese. In Inghilterra però esiste, e ne gode il 94% degli studenti: lo stato garantisce per studenti che restituiranno poi da lavoratori. In Germania per un giovane che sceglie di continuare i propri studi, i costi sono 0, c’è però una sovrattassa che ammonta a 500 euro e riguarda solo coloro che non danno gli esami: una sorta di sollecitazione allo studio, non di scoraggiamento.
La situazione in Italia
Nel nostro Paese 3 studenti su 4 pagano in media 1628 euro annui, e il risultato è che il numero di italiani laureati è nettamente inferiore rispetto a quello delle altre nazioni. Finchè l’Italia ignorerà il legame tra la sua presenza nei primi posti per il debito pubblico e negli ultimi per il livello di istruzione sul panorama europeo, continuerà a sprofondare, lamentandosi poi di fenomeni come la “fuga di cervelli” che sembra essere la migliore delle soluzioni per uno studente che non si è arreso davanti l’indifferenza di uno stato che non si occupa di politica, ma di avida gestione del potere.