Esponente dell’associazione studentesca Sapienza in Movimento e rappresentante degli studenti dell’Università La Sapienza di Roma per il biennio 2018/2020, abbiamo parlato con Antonio Lodise per capire la posizione degli studenti di fronte al silenzio politico in tema Università.
Si parla poco di università e tanto di scuola. Perché? Dobbiamo considerarla una realtà di serie B?
Penso sia una questione di numeri: gli studenti che scelgono di proseguire gli studi oltre la scuola sono pochissimi e l’università pecca ancora di presentarsi come un ambiente pieno di elitarismi. C’è poi una componente relativa alla comunicazione: parlare delle difficoltà di un bambino preoccupa molto di più di uno studente maggiorenne impegnato negli studi universitari e questo ha influito molto sulla gestione del mondo accademico. Ma in generale credo che andrebbe fatta un’analisi approfondita dello stato in cui le scuole e le università versavano e versano tutt’ora a prescindere dell’emergenza Covid.
Quali sono le maggiori problematiche riscontrate dagli studenti?
In primis il clima di incertezza si è rivelato molto nocivo per tutti; i fuorisede sono tornati a casa di notte lasciando libri di testo e computer e si sono così ritrovati a dover affrontare le lezioni online senza alcun tipo di sussidio tecnologico, costretti a pagare l’affitto di stanze o di case che non avrebbero potuto sfruttare. Il problema degli strumenti tecnologici è ancora attuale, molti studenti si trovano in difficoltà e non tutti gli atenei sono in grado di fornire delle agevolazioni mirate.
Si sono già svolte varie manifestazioni di piazza, dai negazionisti del Covid ai più recenti comizi relativi al prossimo referendum costituzionale. Perché gli studenti non hanno fatto ancora sentire la loro voce? È un segnale di resa di fronte all’indifferenza politica?
La battaglia deve essere portata avanti dall’interno. In questo momento, la discesa in piazza degli studenti potrebbe essere strumentalizzata. La protesta di piazza è un mezzo per far sentire la propria voce e le proprie esigenze ma in questo momento non c’è nessuno che potrebbe effettivamente venire incontro a queste necessità. Bisogna cercare di partire dal singolo ateneo tramite la mediazione dei rappresentanti degli studenti.
La Sapienza ha approvato un provvedimento relativo alla riduzione delle tasse per le fasce di reddito più basse e per gli studenti meritevoli. Credi che il provvedimento debba essere esteso anche in ambito nazionale?
Ogni università ha delle capacità economiche ben distinte e una realtà già in deficit non può permettersi di agevolare la tassazione sapendo che non potrà recuperare quelle entrate che si trasformano poi in risorse. È senz’altro necessario agire anche a livello territoriale per abbassare tutti quei costi legati all’università come i posti letto e gli abbonamenti ai mezzi pubblici. Il diritto allo studio si basa anche sui servizi collegati alla stessa università come le biblioteche e le aule studio. Bisogna creare un tessuto che renda l’università un investimento e permetta di farla tornare a essere competitiva dando così più prospettive a tutti quegli studenti che hanno deciso di proseguire gli studi incentivando anche l’aumento degli iscritti.