Non eravamo pronti, ma alla fine ci siamo riusciti. Dal 5 marzo, in tutta Italia, sono state sospese le attività didattiche presso Scuole e Università, secondo quanto previsto dai vari Decreti per fronteggiare l’emergenza Covid-19 (nelle zone del nord già dal mese di febbraio).
Da un giorno all’altro, più di 8 milioni di studenti di ogni ordine e grado e circa 1 milione e settecento mila universitari sono rimasti obbligatoriamente a casa. Per gli universitari il cambiamento è stato rapido e meno traumatico, con il superamento delle criticità legate alla discussione delle tesi di laurea. Tantissime le sessioni online e i ragazzi costretti a brindare (in attesa di tempi migliori) davanti ad uno schermo.
Situazione ben diversa per le scuole di primo e secondo grado, complice da un lato l’età degli alunni e dall’altro l’inadeguatezza delle scuole italiane. Su quest’ultimo aspetto forse, in questi anni, sarebbe stato più opportuno ridurre la crescente “sovra-burocratizzazione” delle procedure scolastiche, rivolgendo maggiore attenzione agli aspetti didattici e alle implicazioni pratiche.
Criticità a parte, docenti e discenti, hanno reagito con grande senso di responsabilità all’emergenza. Superate le difficoltà iniziali, quasi tutte le scuole italiane sono riuscite a riallacciare i contatti con i propri ragazzi, mantenendo vivo il loro impegno scolastico. Tra gli obiettivi anche quello di non trascurare gli studenti in difficoltà. Molte istituzioni scolastiche, ad esempio, stanno concedendo in prestito diversi strumenti tecnologici, come notebook o tablet, agli alunni sprovvisti o meno abbienti.
Finalmente, riscopriamo la vituperata tecnologia come uno strumento utile per la didattica, e non più come un mezzo di distrazione di massa. Il corretto utilizzo di vari strumenti innovativi sta portando al raggiungimento di grandi risultati nel mondo scolastico. Tra i più utilizzati troviamo i registri elettronici, le varie piattaforme (gSuite, Weschool, Teams ecc…), le applicazioni di messaggistica istantanea e gli intramontabili social network.
E le sorprese, all’interno del mondo scolastico, continuano ad arrivare. Chi l’avrebbe mai detto di sentirsi dire frasi del tipo: “Prof. non ci crederà, ma devo ammetterle che mi manca da morire la scuola”, “Prof. non vediamo l’ora di ritornare a scuola”, “Prof. che bello rivedervi, anche se solo online”. E in tutta sincerità, sfido qualsiasi docente a sostenere di non aver mai sentito la mancanza dei propri alunni e del proprio lavoro. Le lezioni “online” adesso sono una realtà e in quasi tutti gli istituti scolastici sono attive attraverso nuove modalità didattiche, orari smart, rimodulazione dei programmi e nuove piattaforme tecnologiche. Un successo, obbligato dalla condizione d’emergenza, ma pur sempre un successo.
La scuola italiana, senza dubbio, non è stata vinta dal Coronavirus. Anche in tempi di emergenza è riuscita ad esistere e a resistere. E se proprio vogliamo individuare una chiave di successo la dobbiamo ricondurre a quel rapporto speciale di “fiducia e stima reciproca” tra docenti e studenti che ancora la tiene viva.
Tra qualche settimana, con ogni probabilità, le nostre vite riprenderanno la loro normalità. Ritorneremo tra i banchi di scuola con più consapevolezza di ciò che possiamo perdere e con la voglia di ripartire facendo tesoro di questa traumatica esperienza. Aspettiamo solamente il suono della campanella.