Ho scritto questo articolo su un quaderno, con una penna. Non perché non capisca, non accetti o non provi entusiasmo per le novità tecnologiche che uso e che apprezzo, ma semplicemente perché, in questo periodo di mancanza di contatti, anche il semplice fluire della penna sul foglio bianco sembra più reale dello scrivere al computer.
Sono un'insegnate e utilizzo normalmente le diverse piattaforme sia per i corsi a cui partecipo, sia come docente per altri corsi, e sono anche abituata ad usare in classe e con la classe quello che la tecnologia (e la scuola) ci mettono a disposizione, e che sicuramente permette a noi e ai nostri alunni di avere una visione del mondo diversa; quella realtà ampliata di cui si parla spesso.
Ma ora? Quella stessa realtà si è ancora ampliata, o nel chiuso delle nostre case non è invece diventata un po' più claustrofobica?
Certo, ci sono le videochiamate, le videolezioni; si parla, ci si vede e si può perfino prendere un caffè insieme, commentare un film o ascoltare musica e ballare, tutti insieme ma a distanza.
Da un punto di vista emotivo credo che questo sia IL PUNTO: i nostri ragazzi e anche noi, così abituati ad essere spesso più presenti virtualmente nei social che nella vita reale (o almeno così ci eravamo abituati a credere), ci stiamo davvero accorgendo di quello che in tanti ci avevano ripetuto, spesso inascoltati, e cioè che la presenza, lo sguardo, il sorriso che neanche il più performante cellulare possono riproporre, sono ora aldilà delle nostre possibilità; sono diventati solo pensieri, desideri, ora quasi ossessivi : quando ci rivedremo, allora, allora…
E così anche quei rapporti, a volte faticosamente costruiti, vanno ripensati perché non vadano persi; bisogna trovare il modo di sostenere i più fragili anche a distanza, di accompagnare anche le famiglie che spesso si trovano spiazzate come e più di noi. Trovare nuove strade, avere nuovi occhi, oppure occhi antichi che erano solo in attesa di essere riscoperti.