Nicola ha 16 anni e un entusiasmo incontenibile. Ai microfoni di Zai.time, il giovane barese – partito per un anno grazie a Intercultura, destinazione Brasile - ha dipinto la sua esperienza brasiliana con un’allegria senza pari. Da Aracaju, Nicola parla di un paese che si muove a ritmo di musica e di calcio, ma che attraversa anche grandi contraddizioni.
Quali luoghi comuni ti senti di confermare sul Brasile?
Qui tutto segue il ritmo della musica. Ascoltano tantissima samba e funky, rigorosamente brasiliani. E poi c’è un fortissimo senso della comunità: si sentono tutti fratelli, ti abbracciano e ti chiedono subito per che squadra tifi.
Quindi è vero che vivono di pallone…
Sì. Ogni mattina, le prime parole che ti rivolgono riguardano il calcio e nei locali vedono solo partite. Seguono sia quello brasiliano che quello europeo e ovunque si vedono bambini che giocano a piedi scalzi, ogni casa ha un campo da calcio, anche se molto arrangiato.
Il Brasile è un paese con molta povertà?
Finora ho vissuto come si vive in qualunque altra città europea. Bisogna stare attenti, ma non è come la dipingono. È vero invece che c’è grande disparità sociale: tanti poverissimi accanto a pochi ricchissimi.
Noti altre differenze rispetto alla vita europea?
Il ritmo con il quale si vive: non c’è frenesia, non c’è fretta.
Il Brasile è famoso anche per la sua natura e i suoi paesaggi.
Sono appena tornato da una settimana a Rio de Janeiro. Lì c’è una natura spettacolare: è straordinario fare il bagno nell’oceano, alzare lo sguardo e vedere questi monti altissimi, il tutto bevendo acqua di cocco direttamente dalla noce di cocco.
Come si mangia?
A tavola non si beve acqua, ma solo succhi di frutta buonissimi. Per quanto riguarda il cibo, ci sono montagne di carne, condite con fagioli e riso.
Parliamo della scuola, quali sono le maggiori differenze rispetto a quella italiana?
Innanzitutto non ci sono 5 anni di superiori, ma solo 3 e poi subito università. Ci sono tante materie scientifiche ma anche attualità e creazione di un testo giornalistico. La maggiore differenza che ho notato è come viene vissuta la scuola: mentre in Italia c’è un distacco tra professore e alunno, qui sono migliori amici. Nel mio primo giorno di scuola mi hanno riempito il banco di frutta, il professore mi ha abbracciato, chiacchieriamo sempre e organizziamo appuntamenti extrascolastici. Il mio professore sta imparando l’italiano; ogni volta che sbaglia lo devo abbracciare e quindi le lezioni si trasformano in carovane di abbracci!