Proiettiamo sui muri la storia delle pietre d'inciampo
Redazione | 7 febbraio 2022

Giunto alla seconda edizione, il progetto Proiettiamo sui muri la storia delle pietre d’inciampo – finanziato da Autostrade per l’Italia – coinvolge le scuole italiane nella realizzazione di un videomapping che ricostruisce la storia delle numerose pietre d’inciampo delle nostre città. Quest’anno è stata coinvolta la V B dell’indirizzo economico-sociale del Croce Aleramo di Roma. Gli studenti hanno ricostruito la vicenda di Fausto Iannotti e, in un lavoro di ricerca, scrittura e interpretazione, l’hanno messa in scena e proiettata sui muri del proprio municipio. Un evento collettivo che parte dalla scuola e arriva all’intero quartiere.

Fausto Iannotti, Roma

Camminando per via Peperino, a Pietralata, quartiere nord-orientale di Roma, ci si imbatte nella pietra d’inciampo dedicata a Fausto Iannotti. Una nuova storia da conoscere per i ragazzi della V dell’Istituto d'Istruzione Superiore Statale Croce-Aleramo, che hanno deciso di raccontare la storia del loro coetaneo Fausto, arrestato dai tedeschi durante l’assalto al Forte Tiburtino nel 1943 e deportato a Mauthausen nel 1944.

Fausto Iannotti nasce a L’Aquila il 5 marzo del 1927: la mamma Giuseppina era aquilana, mentre il papà Vincenzo era di Benevento e faceva il carpentiere. La sua famiglia numerosa, per sopravvivere, si trasferisce a Roma alla ricerca di un lavoro. Si stabiliscono in via dell’Ardesia a Pietralata, agli “stanzoni”: baracche di borgata con servizi in comune. Allora si faceva la fame, e si faceva tutto il possibile per sopravvivere.

Ed è proprio per tentare di sopravvivere che - sia Fausto che suo fratello maggiore - partecipano all’assalto popolare del Forte Tiburtino, la mattina del 23 ottobre del 1943. La popolazione affamata aveva assaltato la caserma per prendere quante più cose possibili: brandine, suppellettili, cibo, medicinali e viveri lasciati dai militari italiani che avevano abbandonato il Forte dopo l’armistizio dell’8 settembre.

Le sentinelle danno l’allarme e arrivano i tedeschi: il fratello maggiore riesce a scappare, ma si rende conto poco dopo che Fausto è rimasto intrappolato. Viene arrestato con un’altra ventina di uomini. Nove di questi verranno assassinati e abbandonati in una fossa comune sulla via Tiburtina. Fausto, sopravvissuto alla strage, viene trasferito assieme ad altri uomini nel terzo braccio di Regina Coeli a giurisdizione tedesca. Il 4 gennaio 1944 alle ore 17 viene deportato da Roma a Mauthausen.

Immatricolato il 13 gennaio 1944 con il n. 42118 (col triangolo rosso dei prigionieri politici), viene poi trasferito il 28 gennaio 1944 nel sottocampo di Ebensee, dove morirà il 30 aprile 1945 a 18 anni appena compiuti e a pochissimi giorni dalla liberazione del lager.

La fake news storica

A lungo si è faticato a ricostruire la storia di questa pietra d’inciampo. La confusione nasce dalla pubblicazione del libro Il sole è sorto a Roma, volume sulla resistenza romana curato dall’ANPI nel 1960. Secondo l’autore, Fausto Iannotti sarebbe stato un ciclista che passava per caso nella zona e sarebbe stato ucciso al posto di un ragazzo di 14 anni che si sarebbe salvato per aver regalato i suoi stivali a un paracadutista tedesco. Questa fake news storica è durata nel tempo, tant’è che Elsa Morante, nel suo romanzo La Storia del 1974, si rifà a questa pubblicazione e commette anche lei lo stesso errore. In realtà Fausto Iannotti è parte della deportazione del 4 gennaio 1944 a Mauthausen e non fu mai ucciso durante l’eccidio di Pietralata. I cadaveri riscontrati nell’apertura della fossa comune dopo la guerra, infatti, furono 9 e non 10, così come registra l’obitorio di Roma nel 1945: non c’è Fausto Iannotti e non c’è la decima vittima.