Il sapore amaro del mandarino
Di caporalato e legalità ambientale si è parlato al Marco Polo di Genova raccontando le condizioni di sfruttamento dei braccianti agricoli
Redazione | 1 aprile 2019

Cosa significa rispettare la legalità nella produzione agricola? Cos’è il caporalato e come possono le aziende essere eticamente responsabili? Qual è il ruolo dell’informazione e come si verificano le fonti? Se ne è parlato all’Istituto Alberghiero Marco Polo con le testimonianze di Tiziana Cattani, responsabile Direzione Soci Coop Liguria, Monica Bruzzone, Renato Truce, direttore di Zai.net e Leonardo Palmisano, autore fra l’altro di Mafia caporale e di Tutto torna. Gli interventi fanno parte del progetto EcoEd finanziato dal Bando Miur Mibact che si propone di sensibilizzare gli studenti rispetto all’educazione ambientale alla legalità per poi renderli protagonisti attivi: studentesse e studenti realizzeranno video e una trasmissione radiofonica che conterranno interviste a esperti e reportage dai territori. 

“Oltre 400.000 persone sono soggette a sfruttamento nel lavoro agricolo”, ha detto Tiziana Cattani focalizzandosi su come Coop esercita da sempre un controllo sulla filiera e su come le aziende agricole fornitrici trattano i lavoratori. Per un’impresa essere socialmente responsabile significa questo e anche sviluppare progetti a salvaguardia della legalità, incentivando le cooperative di produttori locali che applicano contratti regolari e offrono un lavoro dignitoso. Leonardo Palmisano ha raccontato come i braccianti immigrati siano sempre più spesso vittime di un caporalato feroce, che li rinchiude in veri e propri “ghetti a pagamento”, in cui tutto ha un prezzo e niente è dato per scontato, nemmeno un medico in caso di bisogno. Questa realtà la conoscono in pochi, taciuta dalle multinazionali dell’industria agroalimentare, che si servono di questa forma coatta di sfruttamento, imponendo un ribasso eccessivo dei prezzi dei prodotti. Si tratta di un complesso sistema criminale in cui a rimetterci sono solo i braccianti. Uno dei compiti dell’informazione è portare alla luce questi fenomeni e non limitarsi a credere a ciò che si legge in rete, ha stigmatizzato Renato Truce. “Anche se nessuno di voi dovesse fare il giornalista, avrete comunque gli strumenti per essere lettori più attenti e decidere con la vostra testa”.