Quattro donne irachene (avvocato, attivista, ingegnere e madre) raccontano il tempo trascorso in Iraq dopo il 2003, anno in cui Saddam Hussein viene accusato di possedere armi di distruzione di massa e successivamente catturato dalle milizie statunitensi.
La situazione oggi non è migliorata. Il primo ministro Haider al-Abadi ha cercato di mantenere una posizione intermedia tra l’Iran e gli States in vista delle elezioni del 2019.
Se da una parte questi ultimi “provocheranno maggiori divisioni in Iraq e incoraggeranno le organizzazioni terroristiche”, come afferma il portavoce della milizia iraniana Karim al-Nouri, dall’altra la milizia irachena, più radicale e rivoluzionaria, sarebbe disposta a utilizzare la forza per costringere gli statunitensi a ritirarsi.
In occasione della tredicesima edizione del Festival Internazionale del giornalismo, tenutosi a Perugia nel mese di aprile, abbiamo avuto il piacere di intervistare due giovanissime reporter italiane, Arianna Pagani e Sara Manisera, e di approfondire il loro progetto multimediale intrapreso in modo indipendente.
Grazie a questo progetto riusciamo a far chiarezza sulla situazione irachena ieri e oggi, in una società femminile sempre più patriarcale.
Per quale motivo avete inaugurato questo progetto da sole?
Abbiamo deciso di realizzare il web doc Donne fuori dal buio per diverse ragioni. Con Arianna lavoriamo in zone di conflitto da circa tre anni e crediamo che la guerra debba essere raccontata in un altro modo. La decisione di intraprendere un progetto indipendente è legata alla mancanza di un mercato editoriale italiano interessato a questo tipo di lavori, ovvero web doc multimediali e interattivi.
Qual è l’obiettivo che vi siete poste?
Raccontare le storie di quattro donne, di quattro comunità etniche e confessionali differenti, a contatto con l’invasione americana del 2003 e le sue conseguenze. Volevamo inoltre raccontare come la caduta di Saddam Hussein sia stata vissuta in modo diverso da ogni comunità. Attraverso il racconto delle vite delle protagoniste del web doc, volevamo mostrare come le donne irachene abbiano una forte capacità di resilienza.
Capiamo il web doc, ma perché scegliere come tipologia proprio una timeline?
Una timeline è uno strumento informativo che permette al lettore di rileggersi la storia irachena e di visualizzare gli eventi più importanti. Su di essa infatti si sviluppano le storie delle quattro donne che lottano e che hanno scelto di restare per cambiare la società e la comunità. È stato un modo per far vedere come ogni racconto sia intrecciato con la storia dell’Iraq.
Avete considerato i pericoli che avreste potuto correre?
Certamente, ma questo tipo di lavoro richiede un’attenta e dettagliata preparazione del viaggio. Prima di partire si deve effettuare un’analisi del rischio, organizzare tutto nei minimi dettagli, contattare il fixer, valutare le strade e le città in cui si sceglie di lavorare.
Cosa vi portate nel cuore di questo viaggio sia sul piano lavorativo che personale?
La soddisfazione, dal punto di vista lavorativo, è essere riuscite a realizzare un web doc, in poco tempo, su una tematica per noi importante, con la più totale autonomia, grazie al supporto di centinaia di sostenitori che hanno finanziato il progetto attraverso una campagna di crowdfunding. Dal punto di vista personale invece ogni singola storia e persona incontrata - come in ogni altro lavoro e reportage che realizziamo - è senz’altro un pezzettino di esperienza che si aggiunge al nostro vissuto.