Quarantacinque anni senza Picasso, venticinque senza Nureyev e l'amara sensazione di essere più soli. L'arte, del resto, non è solo posia, passione, meraviglia: è anche una consolazione di tante solitudini, di molteplici sofferenze, di innumerevoli strazi dell'anima e del corpo.
Pensiamo a Pablo Picasso, ai suoi quadri apparentemente folli, alla sua irrequietudine, alla sua grandezza, alla potenza espressiva delle sue opere e al suo coraggio, ad esempio la volta in cui rispose agli autori del massacro di Guernica che gli chiedevano conto del suo quadro: "Questo quadro non l'ho fatto io, lo avete fatto voi".
Picasso, il quale sosteneva che a otto anni disegnasse come un adulto e che avesse impiegato l'intera vita a imparare a disegnare come un bambino di otto anni: in questa frase è racchiusa la sua umiltà, la sua intelligenza, la sua capacità di scrutare il mondo con occhi diversi dai suoi, di chinarsi sul prossimo senza mai pensare di umiliarlo, di comprendere il destino dell'umanità senza mai farsi scudo della sua innegabile superiorità.
Artista sublime nella Parigi degli anni Trenta, critico e grande accusatore della barbarie in corso, sincero democratico, inquietante e, al tempo stesso, straordinario con il suo cubismo rivoluzionario, Picasso è stato uno dei maggiori intellettuali del Ventesimo secolo, punto di riferimento per il movimento pacifista (è dovuta a lui la diffusione della colomba come simbolo internazionale della pace) e magnificamente policromo nella sua arte di sperimentare tutti i colori, a seconda dei periodi.
Quanto a Nureyev, non danzava: si librava nell'aria, volava, atterrava per poi tornare in volo. Semplicemente immenso, inimitabile e per questo mai abbastanza rimpianto.
Ci hanno regalato un'idea di meraviglia e uno sguardo libero e indipendente sul mondo. Ricordarli è il miglior modo per celebrare questo Santo Natale in armonia e guardare al domani sfidando l'orrore dominante.
P.S. Auguroni di buon Natale e felice anno nuovo ai nostri lettori!