Compirà vent'anni il prossimo 20 dicembre ed è già campione del mondo con la Francia, ha vinto l'anno scorso il Golden Boy di Tuttosport e quest'anno il Kopa Trophy di France Football, inventato, a quanto pare, proprio per assegnargli un riconoscimento nell'anno in cui il Pallone d'oro dei grandi è andato al favoloso Modrić che abbiamo avuto l'onore di ammirare in Russia: insomma, Kylian Mbappé è il frutto più dolce della Belle époque di Clairefontaine (la Coverciano francese), un fenomeno destinato far parlare di sé ancora a lungo.
Del resto, bastò ammirarlo in Champions League nella doppia sfida contro la Juventus, quando ancora indossava la maglia del Monaco, per rendersi conto che uno in grado di far girare la testa a Barzagli, Bonucci e Chiellini non è proprio l'ultimo arrivato. La conferma del suo talento è arrivata in Russia, quando, negli ottavi contro l'Argentina, ha oscurato la stella di Messi, consacrandosi come un funambolo d'attacco capace di correre a una velocità degna di Bolt e di abbinare alla corsa una tecnica sconosciuta ai comuni mortali.
Tuttavia, lo Mbappé che piace a noi non è solo il fuoriclasse che, con il pallone tra i piedi, incanta le platee di tutto il mondo; lo Mbappé che piace a noi è, soprattutto, il ragazzo di Bondy, estrema periferia di Parigi, che ama stare con i bambini, giocare con loro e che ha devoluto alla sua gente l'intero premio conseguito grazie alla vittoria della Coppa del Mondo: cinquecentomila euro donati agli ultimi, un gesto che rende bene la misura della grandezza di questo giovane uomo gia maturo e pienamente consapevole di essere un mito planetario.
Mbappé sorprende per la sua arte, per la naturalezza con la quale gli riesce qualunque giocata, per la grinta con cui affronta ogni avversario, per la lucidità con cui si batte e per la sua determinazione a vincere e divertire, ben sapendo cosa vuole, quando e come vuole ottenerlo.
La forza di Kylian, pertanto, non risiede solo nelle doti fisiche di cui lo ha munito madre natura, che con lui, va detto, è stata piuttosto generosa, quanto, più che mai, nella testa che non è quella del classico ventenne imbottito di soldi bensì quella di un ragazzo che sa di essere un esempio per milioni di persone e cui non pesa affatto essere una persona perbene.
Kylian non era ancora nato quando il suo attuale commissario tecnico, Deschamps, alzava da capitano la Coppa del Mondo del '98, vinta in casa, a Saint-Denis, battendo 3 a 0 il Magno Brasile di Ronaldo e Rivaldo. E possiamo dire che la sua esplosione è figlia di quegli anni, di quella stagione multiculturale e multietnica, di quel tempo ante-rivolta delle banlieues in cui era considerato normale, anzi giusto, essere convintamente europeisti, di un'epoca positiva e improntata all'otimismo in cui gli spalti francesi inneggiavano al valore della diversità e alla meraviglia di un'unione d'intenti capace di produrre capolavori come le due incornate di Zidane che fecero la differenza quella notte di luglio in cui la mamma di Mbappé era incinta del suo piccolo campione.
Mbappé può, dunque, essere considerato un dono, un ragazzo prezioso, una speranza da valorizzare e vivere intensamente perché saranno simboli come lui a costruire l'Europa che verrà, sconfiggendo i muri, abbattendo le barriere, dimostrando all'umanità che le uniche frontiere esistenti devono essere quelle del talento e della passione, senza mai lasciare indietro chi ha avuto meno classe e meno possibilità di affermarsi nella vita.
Mbappé è un'icona dell'Europa e del mondo come dovrebbero essere, e il bello è che lo sa benissimo e si comporta di conseguenza. Teniamocelo stretto.