Compie quarantacinque anni il "Pitbull" Davids, talentuoso centrocampista olandese degli anni Novanta e Duemila, protagonista dapprima nelle file dell'Ajax e poi in quelle della Juventus, oltre ad una breve e tutt'altro che positiva parentesi nel Milan. Considerato una "mela marcia" in quel di Milanello, approdò a Torino nel gennaio del '98 e credo che i tifosi rossoneri non abbiano ancora finito di rimpiangerlo, vista l'iradiddio di meraviglie che ha regalato in sette anni ai bianconeri, conducendoli alla conquista di quasi tutto ciò che c'era da vincere a livello nazionale e internazionale.
Una diga insuperabile, un esempio di grinta, dedizione alla causa e passione sportiva senza eguali: un fuoriclasse con la corazza del guerriero, pronto a sfidare lealmente e a battere chiunque, senza mai tirarsi indietro, senza alcun timore reverenziale, senza mai esaurire l'infinita rabbia agonistica che lo ha reso uno dei protagonisti assoluti del calcio mondiale.
Dire Edgar Davids, infatti, significava dire lotta, intensità, dinamismo indomito e inarrestabile: perfetto per lo stile juventino, tanto che quei colori gli si sono tatuati addosso come una seconda pelle, prima di passare, nel gennaio del 2004, al Barcellona e successivamente all'Inter e in alcune formazioni inglesi, oltre ad un breve ritorno fra i lanceri di Amsterdam, non riuscendo tuttavia a tornare ai livelli che hanno avuto modo di godersi i sostenitori di Madama, nell'esperienza che gli ha dato di più dal punto di vista umano e professionale e che, non a caso, ricorda con maggiore affetto.
E così, oggi ci troviamo qui a rendere omaggio a questo apostolo dell'agonismo, nativo di Paramaribo (Suriname) e in grado di coniugare la voglia di riscatto tipica degli antillani con l'orgoglio e il senso spensierato della disciplina proprio degli olandesi.
Una battaglia, quella di Davids, più forte persino del glaucoma all'occhio destro che, a un certo punto, lo costrinse ad indossare degli occhiali particolari che sarebbero divenuti nel tempo uno dei suoi segni distintivi.
Lo riconoscevi subito in mezzo al campo, con gli occhiali, le treccine, il numero 26 disegnato sulla maglia e una caparbietà che incuteva timore anche a campioni assai più dotati di lui, rendendo la Juventus lippiana e ancelottana una delle migliori compagini della storia del calcio.
Poi l'ardore si è placato, la furia si è spenta e la razionalità, come spesso accade, ha avuto il sopravvento, al punto che la seconda vita di Davids ha poco o nulla a che spartire con la prima, se non per l'attaccamento ai colori bianconeri e per il legame indissolubile con lo sport che è stato e continua ad essere la sua ragione di vita. È vero: è giusto così, guai se non fosse così, ma che peccato!
P.S. Addio a Luigi Necco, al suo amore per lo sport, per la RAI, per la legalità, per Napoli e per il Napoli, alla sua passione civile e alla sua squisita umanità. Ci ha lasciato all'età di 83 anni, al termine di una splendida vita e di innumerevoli e indimenticabili battaglie. È superfluo dire che ci mancherà.