Cinque anni intensi, cinque anni rivoluzionari, cinque anni all’insegna della profezia della misericordia, cinque anni in cui sono tornati in auge temi essenziali per il futuro dell’umanità come l’ambiente, il lavoro, i diritti, la dignità della persona, l’immigrazione e la pace, cinque anni in cui sono mutati gli equilibri globali e va detto che ogni piccolo passo avanti, come ad esempio la COP 21 di Parigi del 2015, è stato possibile grazie all’impegno in prima persona del Pontefice. Cinque anni, quelli di papa Francesco sul soglio di Pietro, in cui abbiamo assistito alla distanza siderale fra le sue intuizioni, la sua grandezza d’animo e la sua costante attenzione nei confronti degli ultimi, dei deboli e degli esclusi e la nullità della politica a livello internazionale, fra miseria morale, interessi inconfessabili, scelte sbagliate, atti di un cinismo sconsiderato e una crisi delle classi dirigenti che ormai ha superato il livello di guardia, acuendo lo scollamento fra queste ultime e una cittadinanza sempre più disorientata e spaventata per il proprio domani.
Cinque anni iniziati con umiltà, sobrietà e dolcezza e proseguiti nel solco dell’apertura verso le altre religioni, con una mano costantemente tesa al prossimo, la predicazione del rispetto reciproco, la richiesta di un’integrazione dei migranti sensata e non strumentale e un’attenzione speciale nei confronti dell’Africa, il continente cruciale per gli equilibri mondiali del Ventunesimo secolo, nel contesto di un assetto multipolare che ha infranto e reso obsoleto il bipolarismo novecentesco e contribuito ad ampliare le distanze fra le due sponde dell’Atlantico.
Cinque anni e molti interrogativi sul dopo, su chi potrebbe essere il suo successore, sugli innumerevoli ostacoli che stanno incontrando i suoi tentativi di riforma del sistema e della dottrina, sulle prospettive della Chiesa in una società da tempo secolarizzata, sull’avvenire delle vocazioni e sui delicatissimi sviluppi degli scenari di conflitto, resi ancor più problematici dalla palese irresponsabilità di alcuni degli attori coinvolti nelle vicende strazianti di questi anni.
Cinque anni e la gratitudine collettiva per questo dono di Dio: un messaggero dell’umanità, il pastore necessario in questa stagione senz’anima, fedele al messaggio autentico dei Vangeli e in grado di portare la parola di Nostro Signore persino negli slum e nelle periferie più degradate e segnate da una disperazione senza possibilità d’appello.
Un Dio d’Avvento, dunque, quello di papa Francesco, con l’auspicio che la sua parabola duri ancora a lungo e, soprattutto, che non vada perduta quando, inevitabilmente, si sarà conclusa.