Charles Aznavour, la voce calda dell'amore
Omaggio al grande cantautore franco-armeno, scomparso all'età di novantaquattro anni
Roberto Bertoni | 3 ottobre 2018

Chahnourh Varinag Aznavourian, armeno d'origine, francese a tutti gli effetti, scomparso all'età di novantaquattro anni al termine di un'esistenza magnifica, è stato tutto ciò che un cantautore dovrebbe essere. 

La sua voce resa roca da un problema alle corde vocali che si portava dietro sin da bambino, le sue travolgenti liriche d'amore, la sua purezza di sentimenti e di ideali, la sua grandezza artistica e umana, la sua battaglia per i diritti civili e il suo esserci sempre, protagonista di un secolo e per nulla a disagio nel successivo: Charles Aznavour è stato tutto questo e molto altro ancora. 

Se il Novecento è stato il "Secolo breve", secondo la definizione di Hobsbawm, non c'è dubbio che, stando a ciò che è accaduto nei primi tre lustri, quasi quattro ormai, il Duemila sia un secolo incompiuto e fragile, in preda allo sgomento e al disorientamento collettivo, nel contesto di un mondo travolto dalla ferocia, dal fondamentalismo e da un'apatia che spesso sfocia nel nichilismo, nell'incomprensione, nella pura e disarmante barbarie. Ecco, dunque, che le note di Aznavour, così calde, passionali, intense, colme di meraviglia e di amore per il prossimo, ci regalano un insperato spazio di libertà, un sussulto di dignità, un soffio di passione civile, di orgoglio, di speranza. Ecco che, ascoltandolo, risorge la voglia e la forza di credere in qualcosa, di provare ad essere se stessi, di sedersi al tavolo della storia non più afflitti dallo sconcerto e dalla volontà di lasciarsi andare ma da un insolito ed effervescente desiderio di dire la propria, di esistere realmente, di recitare un ruolo di primo piano sul palcoscenico di un'esistenza personale e collettiva.

Ed ecco che il "piccolo diavolo", come tutti i poeti, i sognatori e le personalità dotate in sé di un principio d'infinito, rimarrà con noi anche se non potremo più vederlo. Certo, ci mancherà il suo fare istrionico e garbato, ci mancheranno i suoi concerti, ci mancherà la sua fragile immensità e ci mancherà, ovviamente, il suo sguardo assorto, ricco di fiducia nel prossimo e di saggezza, in un tempo in cui entrambe queste virtù sembrano essere venute meno.

La sua musica, invece, non morirà mai, rimarrà con noi, in battaglia, al fianco degli ultimi, degli esclusi, degli oppressi e di una schiera di innamorati bisognosi di gridare al mondo la loro ricchezza interiore, i loro sentimenti e il loro universo di semplice eccezionalità. Rimarrà nelle nostre notti d'amore, nei nostri sentimenti più profondi, nelle nostre delusioni, nel nostro faticoso e straordinario incedere in una stagione drammatica come quella che stiamo attraversando. Rimarrà e ci sarà compagna, guida, maestra. Rimarrà, come rimarrà il ricordo di un personaggio unico che già da parecchi anni si era guadagnato l'immortalità e ora è andato a dispensare meraviglia un po' più su, nel firmamento dei sogni e delle idee, là dove brillano le stelle ed il suo astro è senza dubbio uno dei più luminosi.    

 

P.S. È venuto meno, all'età di ottantuno anni, anche Stelvio Cipriani: un altro colpo durissimo per il mondo della musica e per il nostro immaginario collettivo.