In una stupenda serata estiva, passeggiare tra le viuzze antiche della città di Sarzana, affollatissime, osservare con piacere l’atteggiamento rilassato e soddisfatto delle persone. Sono qui per partecipare alla tredicesima edizione del Festival della mente di Sarzana e riconosco nel viso sorridente e dai tratti un po’ irregolari il prof. Guido Tonelli, scienziato di fama internazionale e ricercatore del CERN di Ginevra, nonché ordinario di fisica alla facoltà di Ingegneria a Pisa. È a lui che si deve, insieme a Fabiola Giannotti, la scoperta del famoso Bosone di Higgs.
Mi pregusto l’incontro che si terrà di lì a poco, in una tensostruttura esaurita, per i posti, da alcuni giorni: “La nascita del tempo (e dello spazio)”. Il silenzio cala non appena il prof apre bocca: «Noi pensiamo allo spazio e al tempo come qualcosa che esiste da sempre, e riteniamo queste due grandezze totalmente indipendenti: ecco, questo è un pregiudizio che vorrei smontare. Tutto dipende dalle nostre dimensioni spaziali e temporali: siamo alti in media 170 cm, pesiamo 70 kg e viviamo 80 anni, muovendoci in una porzione decisamente ristretta dell’universo: questo non poteva non condizionarci». E invece – spiega Tonelli – lo spazio e il tempo sono indissolubilmente legati e ce ne accorgeremmo se potessimo ad esempio andare alla velocità della luce.
E non sono nemmeno sempre esistiti: la nascita risale a 13,7 miliardi di anni fa, a seguito di <<una minima fluttuazione quantistica del vuoto>>. Detto così, sembra un mistero. Ed effettivamente qualche parte oscura c’è nella storia della nascita dell’universo. Oggi sappiamo che il tutto si è originato da una sorta di bollicina che si sarebbe dovuta richiudere, e che invece ha cominciato ad espandersi tantissimo in un arco di tempo davvero ristretto, per poi fermarsi. È a questo punto che, nel tempo occupato da un battito di ciglia, tutto si raffredda abbastanza per cristallizzare particelle che noi conosciamo con il nome di Bosoni di Higgs, ovvero le prime particelle dotate di materia che costituiscono l’universo come lo conosciamo oggi.
E per provare questa teoria sono stati messi in campo strumenti davvero eccezionali, come l’LHC (Large Hadron Collider), l’acceleratore di particelle con 27 km di circonferenza: un oggetto tanto grande per cercare una materia tanto piccola. Grazie a questo esperimento, che porta minime parti di materia a temperature elevatissime, si è in qualche modo tornati indietro nel tempo per scoprire come è nato l’universo. Ma sappiamo anche come finirà? «La struttura che tiene insieme l’universo non è eterna. Vi sono due ipotesi sulla sua fine. La prima è che tutto potrebbe svanire di colpo, potrebbe quindi avere la meglio una specie di antigravità, energia oscura, che spinge tutto lontano da tutto, con velocità crescente. L’altra possibilità è opposta, ovvero una fonte di calore incontrollata che sarebbe in grado di cancellare ogni materia. Vi rassicuro però, sono problemi che si presenteranno tra miliardi di anni... », spiega il professore, che con quest’ultima frase suscita sospiri di sollievo in sala. E potete tirarlo anche voi!