Janda ha vent’anni ed è una diplomata che vive nella cittadina di Tirbespi, in Siria. Era sposata con un uomo, dal quale ha avuto un figlio, che la considerava una sua proprietà. In quanto donna neppure i suoi stessi fratelli maschi si relazionavano con lei in maniera paritaria. Nella società curda la figura femminile si accosta all’immagine di una “perfetta donna di casa”. Non le era consentito uscire senza permesso e aveva il dovere di servire il proprio marito come una schiava. Janda si è opposta a questa discriminazione arruolandosi alle YPJ, unità di difesa delle donne, fondata il 2 aprile 2013.
Anche Sozda ha lasciato gli studi durante il suo ultimo anno di scuola per unirsi alle YPJ e proteggere il suo popolo. Lo studio infatti non significava nulla per lei poiché non le era permesso apprendere la propria lingua e cultura. Era costretta a studiare in arabo e i maestri la picchiavano quando si rifiutava e parlava in curdo. La creazione della YPJ ha rappresentato un grande passo in avanti verso la libertà per tutto il popolo curdo, ma in particolare per le donne. Da oltre un secolo gli appartenenti a quest’etnia sono divisi tra gli Stati della Turchia, Siria, Iran e Iraq. I governi di questi Paesi si sono sempre opposti all’esistenza di un’identità nazionale curda, negando qualsiasi tipo di riconoscimento politico e culturale. I Curdi, oppressi da una dura discriminazione, hanno fatto ricorso alle armi dando vita ad una rivoluzione di cui le donne si sono rese protagoniste. Esse costituiscono il 55% dei soldati che combattono in prima linea per la propria libertà. Il fatto che si scontrino con coraggio a fianco degli uomini ha modificato la loro immagine agli occhi degli stessi padri, fratelli e mariti. In questa guerra di atrocità e controsensi hanno colto l’opportunità di riscattarsi da una condizione di totale sottomissione. Ora bussano di casa in casa alle porte della gente per aprire dibattiti e discutere sulla libertà delle donne. Hanno abolito i matrimoni combinati contro volontà e di fronte ai casi di violenza domestica gli uomini sono sottoposti a giudizio davanti ad un tribunale. Prima che la città di Kobane, nel Kurdistan siriano, fosse rasa al suolo dallo Stato Islamico, in ogni quartiere c’era una casa delle donne che forniva ascolto ed accoglienza a tutte coloro che ne avevano bisogno. Le guerrigliere curde stanno portando avanti un vero e proprio processo di sensibilizzazione al rispetto di ogni individuo, a prescindere dal sesso o dall’orientamento religioso. Si sono ribellate a quella mentalità patriarcale tanto radicata all’interno della società, pretendendo l’uguaglianza di fronte alla legge, la tutela della maternità e una sanzione che condanni qualsiasi forma di discriminazione di genere. Gli uomini, che inizialmente hanno opposto resistenza, cominciano ad adeguarsi e ad accogliere l’emancipazione femminile nella propria cultura.