Il Natale della discordia
Luoghi e usi comuni
In provincia di Milano un preside nega ad un gruppo di genitori di insegnare ai bambini della scuola canti cristiani. Monta il caso mediatico e politico, tra inesattezze, bufale e presepi davanti all’istituto. Ecco perché gli italiani sono indignati
Maria Saiz | 17 dicembre 2015

 

La notizia è rimbalzata dalla tv alla radio ai social network. Piogge di insulti e proteste per Marco Parma, preside sessantatreenne dell’istituto comprensivo “Garofani”, a Rozzano, in provincia di Milano, che si è reso “colpevole” di una decisione non condivisa dai più. Galeotta fu la proposta di alcuni genitori che avevano intenzione di insegnare a tutti i bambini dell’istituto canti di Natale religiosi. Il preside aveva negato il consenso in quanto oltre il 20% degli alunni frequentanti la scuola è di origine straniera e non di religione cattolica: insegnare canti religiosi ai bimbi avrebbe potuto, secondo Parma, ostacolare l’integrazione dei bambini non cattolici. Il risultato però non è stato quello desiderato dal preside che, investito dalle critiche, si è dichiarato addirittura disposto a lasciare l’incarico. Bisogna precisare che alla base del dissenso è stata la diffusione di una notizia inesatta, ovvero che il preside avesse “cancellato” la festa di Natale per sostituirla con una “laica” a gennaio. In realtà nessuna attività era stata cancellata, ma si trattava di due eventi distinti: la cosiddetta “festa di Natale” con i genitori prima della chiusura delle scuole, e un concerto musicale a gennaio che era stato previsto per quel periodo all’inizio dell’anno scolastico. Ma ormai l’effetto domino era partito. 

Tra coloro che non hanno apprezzato il suo atteggiamento non mancano uomini politici, tra cui lo stesso Presidente del Consiglio Matteo Renzi che lo aveva definito “in cerca di provocazioni”, e Matteo Salvini che ha commentato: “Cancellare le tradizioni è un favore ai terroristi”. Critiche sono arrivate anche dalle stesse famiglie musulmane che sostengono che il Natale cattolico non infastidisce le loro comunità e che atteggiamenti come quello di Parma non fanno altro che alimentare la discriminazione nei loro confronti. Insomma altro che integrazione. 

Al di là della storia che è stata evidentemente strumentalizzata, cerchiamo di capire il perché di questa reazione. Indubbiamente un ruolo importante lo hanno giocato i recenti fatti di Parigi: la paura genera posizioni più esacerbate, in un senso o nell’altro. D’altronde non sarebbe la prima manifestazione di timore nei confronti del terrorismo: sembra che dopo gli attentati sia diminuito il numero di cittadini italiani che utilizzano la metropolitana per spostarsi sul territorio e che sia calata la percentuale di persone che hanno intenzione di fare viaggi nei prossimi mesi. 

Ma ancora più dirimente è sicuramente il ruolo che il Natale ha nella nostra cultura, a prescindere dalla fede religiosa di ciascuno. Nella prima versione dei fatti di Rozzano, il preside veniva accusato sia di aver cancellato il Natale, sia di aver fatto rimuovere i crocifissi dalle aule. Ma questa parte della notizia – anch’essa in parte inesatta, perché si trattava di una precedente decisione del Consiglio di istituto su due aule in cui essi erano ancora presenti – non ha suscitato la stessa indignazione del “Natale negato”. Questo perché Natale non è una festa esclusivamente religiosa, ma una tradizione che interessa anche i laici. L’albero addobbato, Babbo Natale, i doni, le luci non sono elementi religiosi. Il Natale fa parte quindi della nostra identità culturale e la maggior parte degli italiani non è disposta a rinunciarci o anche a modificarla in nome dell’integrazione. Per alcuni il risultato sarebbe opposto: aumenterebbero la disparità e la discriminazione. La pensano così molti docenti che nelle loro risposte alla domanda: “Come commenta la scelta del preside Marco Parma?” tendono in tutti i casi a sottolineare i termini “identità” e “culturale”. Il significato di entrambe le parole non va sottovalutato: ogni cittadino si sente parte della propria nazione perché condivide con gli altri un insieme di tradizioni e tra queste c’è il Natale. Se sia opportuno cambiarle in nome dell’integrazione non si può decidere sulla base di fatti mai accaduti. Quel che è certo è che gli italiani non sarebbero pronti.