Opinioni
Se scrivere in corsivo allena la mente
A colloquio con Fermino Giacometti, presidente dell'Istituto grafologico internazionale "Moretti"
Claudia Rizzo | 5 novembre 2015

Scrivere a mano è un gesto un tempo abituale che sta gradualmente c sempre più spazio alle moderne tecnologie, più veloci ma allo stesso te “impersonali”. Quanto della personalità di un individuo si può intuire dalla sua grafia? Moltissimo. Quando noi scriviamo non usiamo solo  la mano, ma il cervello e tutto il corpo partecipano alla scrittura.

Partendo dal presupposto che la scrittura sia un comportamento di natura psicosomatica, crediamo che attraverso questa si vedano l’organizzazione generale della persona, le caratteristiche essenziali della  sua  dinamica  intellettiva,  come  si  muove  nei  confronti  dei problemi, qual è la sua dinamica affettiva e come tutti questi diversi aspetti si rapportino reciprocamente.

 

In che modo il vostro Istituto si impegna concretamente per salvaguardare il valore della scrittura a mano? Abbiamo avviato la campagna per il d di scrivere a mano, perché vogliamo portare all’attenzione dell’opinione

le conseguenze dell’abbandono della scrittura manuale, in particolare quella corsiva, ovvero una diminuzione dell’attività cerebrale.

 

Ma come è possibile questo? Quando scriviamo in corsivo creiamo sequenze complesse: non è il segno di una lettera ma di una serie di lettere. La nostra creatività non si esprime soltanto nel disegnare la lettera, ma anche nel vedere il miglior collegamento tra una lettera  e quella successiva, che ovviamente cambia. Viene allenata la psicomotricità dell’individuo. Quando scriviamo in stampatello, invece, realizziamo sequenze semplici e isolate une dalle altre: le lettere sono giustapposte. Rimane comunque il legame fra l’immagine della lettera che traccio, il suono e il movimento, cosa che invece salta del tutto quando scrivo al pc: per realizzare una lettera basta eseguire lo stesso movimento di spingere un tasto. Una ricerca condotta negli Stati Uniti ha dimostrato proprio che scrivendo al computer vengono attivati meno centri nervosi che con la scrittura corsiva.

 

In che modo pensa che bisognerebbe intervenire per evitare che le future generazioni perdano l’uso della scrittura a mano in un mondo tecnologico in cui la velocità è il valore predominante? Noi dobbiamo tener presente tre aspetti: quello funzionale alla comunicazione - io scrivo per creare un messaggio - il comportamento espressivo, quello che comunica se stessi, e l’aspetto educativo della scrittura. Faccio un esempio: i bambini imparano a scrivere secondo il modello grafico loro proposto e appena hanno imparato vengono abbandonati: continuano sì a scrivere, ma nessuno li educa ad automatizzare il movimento che hanno appreso. Pensiamo alla “a” e alla “o”, grafemi che si realizzano in senso antiorario: spontaneamente il bambino compie un segno in senso orario, e solo un’educazione alla scrittura può insegnare loro il contrario. Non di rado capita che, se lo imparano una tantum, presto se lo dimenticano e in seconda elementare scrivono “a “ e “o” con un segno in senso orario. Adattano l’apprendimento nuovo al comportamento vecchio: quindi non crescono. 

 

Qual è la vostra risposta a coloro che ritengono la scrittura a mano un mezzo di comunicazione anacronistico e faticoso in confronto alla più immediata tastiera di un computer?

Se puntiamo alla velocità della comunicazione possiamo dire che oggi ci sono strumenti più veloci. Ma non credo che la scrittura manuale sia un mezzo anacronistico: la persona vive e dato che la scrittura è un mezzo di espressione della persona che vive rimane sempre attuale. Il computer non sa ancora comunicare le nostre emozioni.