La buona scuola
Il nuovo che verrà
Al via l’anno scolastico con le norme previste dalla neolegge del governo Renzi sul sistema di istruzione. Ecco cosa cambia
Arnold Koka | 29 ottobre 2015

La  “Buona  Scuola”  è  diventata   legge.  Per  un  anno sono  volati stracci tra sindacati,  studenti  e governo, che nonostante le consultazioni  per tutta  Italia e sul web alla ricerca di suggerimenti  per una scuola  migliore, non è riuscito a evitare l’immancabile ondata  di proteste. Alla fine Renzi ha però tirato dritto, e lo scorso 16 luglio, con 277  favorevoli, 173 contrari  e 4 astenuti, è entrato in vigore  l’unico articolo  da  cui è composta  la  riforma dell’istruzione,  su  cui lo stesso Presidente del Consiglio aveva posto  la questione di fiducia.

Una  riforma  studiata  a  tavolino   per  essere   ‘blindata’ grazie alla presenza  di un unico articolo, contenente però 212 commi, che è diventata  così immune  all’ostracismo dell’opposizione parlamentare  che  aveva  già presentato vari emendamenti al ddl targato  Renzi-Giannini. Ma in cosa consiste  la riforma e quali sono  i punti critici che hanno sollevato i polveroni delle piazze e delle scuole? Eccoli in 7 punti.

Assunzioni  e concorsi

È stato  il primo punto annunciato dal ministro Giannini quando  ha presentato la riforma: un piano straordinario di assunzioni  per 102.734 precari, suddiviso in 4 fasi. Questo mese sono entrati i professori  che avrebbero  già dovuto ricoprire i posti lasciati liberi da chi è andato in pensione, ora saranno assunti gli altri nel corso dell’anno. A partire dall’anno scolastico 2016/2017 le assunzioni saranno fatte dal preside nominalmente, e si diventerà insegnanti solo attraverso concorsi istituiti su base regionale.

Autonomia

Punto fondamentale della riforma, che vuole conferire alle scuole  quell’autonomia che da almeno vent’anni viene promossa sulla carta, ma mai nella pratica. La “Buona  Scuola” è  diventata legge. Per un anno sono  volati stracci tra sindacati, studenti e governo, che nonostante le consultazioni  per tutta Italia e sul web alla ricerca di suggerimenti  per una scuola migliore, non è riuscito a evitare l’immancabile ondata di proteste. Alla fine Renzi ha però tirato dritto, e lo scorso 16 luglio, con 277  favorevoli, 173 contrari e 4 astenuti, è entrato in vigore l’unico articolo da cui è composta la riforma dell’istruzione, su cui lo stesso Presidente del Consiglio aveva posto la questione di fiducia.Una riforma  studiata a  tavolino  per  essere ‘blindata’ grazie alla presenza  di un unico articolo, contenente però 212 commi, che è diventata  così immune all’ostracismo dell’opposizione parlamentare  che  aveva già presentato vari emendamenti al ddl targato Renzi-Giannini. Ma in cosa consiste la riforma e quali sono i punti critici che hanno sollevato i polveroni delle piazze e delle scuole? Eccoli in 7 punti. A livello economico sono previste, oltre alle erogazioni statali, anche donazioni da  parte di privati, che non potranno però superare i 100.000 euro. Il  10% delle erogazioni totali sarà comunque destinato agli istituti con meno risorse economiche, per evitare disparità  fra scuole ricche e povere. A livello  formativo,  il POF sarà  organizzato da  un apposito comitato nelle singole  scuole,  in modo  che la  formazione  sia  sempre  più  adattata ai  desideri  e alle  tendenze degli  alunni. Su  questo punto è  stata aggiunta la possibilità per gli studenti delle scuole superiori di   personalizzare il proprio curriculum scolastico, attraverso materie aggiuntive a scelta – sul modello universitario – da studiare negli ultimi anni del proprio percorso.

Scuola e lavoro

Per educare al meglio al mondo del lavoro gli studenti, sono previste dalla riforma 400  ore  di percorso lavorativo per gli istituti  professionali  e  tecnici,  200 nei licei, da svolgersi negli ultimi tre anni.

Potere  ai presidi

È un altro dei punti controversi  della riforma. Previsto infatti il conferimento di poteri  senza  precedenti ai dirigenti scolastici su insegnanti e staff  personale. Il preside  potrà  scegliere  i docenti  dagli albi territoriali per affidare  loro incarichi da  3 anni (rinnovabili), ma non  solo:  premierà  gli insegnanti migliori attraverso bonus in denaro in busta paga (per  i quali  è  stato previsto  un fondo statale  da 200 milioni). 

Vista  la  particolare  criticità di questo aspetto della riforma, il Governo ha previsto un Comitato che affiancherà il preside e deciderà i criteri in base ai quali  saranno distribuiti i  premi. Il  comitato sarà formato da due genitori (un genitore e uno studente alle superiori), 3 insegnanti e  un componente esterno nominato dall’Ufficio scolastico regionale. Tassativamente proibita l’assunzione  da parte del preside di parenti e affini.  

Carta del  Prof

I docenti avranno a disposizione 500 euro annuali spendibili fra mostre, musei, corsi di formazione e altro per una preparazione migliore e sempre aggiornata (si spera). Gli eventi e l’orientamento della spesa della Carta saranno però definiti dalla scuola, in modo che siano coerenti e adeguati  al Pof triennale.

Edilizia e sicurezza

Secondo i dati del  Miur pubblicati lo scorso  agosto, solo il 39% delle scuole ha il certificato di agibilità e abitabilità. Proprio verso il gravoso problema  della fatiscenza  delle strutture scolastiche si  è mossa la riforma, che prevede lo stanziamento di 3 miliardi di euro destinati  a ristrutturazioni  e interventi negli edifici a rischio.

Paritarie e fisco

Detrazione fiscale di 400 euro annui  al massimo per ogni  figlio che si  manda alla  scuola privata. Ogni anno si  spendono 472  milioni per le scuole  private. Con questo sgravio fiscale il costo del privato alla collettività aumenterà di circa 100 milioni.