Da non perdere. A Napoli dal 21 al 23 settembre il Festival del giornalismo giovane
A noi la parola (e i mezzi!)
Il capoluogo campano ospiterà la prima grande manifestazione di carattere nazionale dedicata al mondo del giornalismo, ma dal punto di vista delle nuove generazioni . Con una domanda leit motiv: quale il futuro di questa professione?
Redazione | 18 settembre 2012
È iniziato il conto alla rovescia: venerdì 19 settembre nella bella cornice del PAN di Napoli partiranno gli Youth Media Days, un'intensa tre giorni dedicata esclusivamente al giornalismo under 35 e ai loro protagonisti. Radio, carta stampata, web: vecchi e nuovi supporti si incontrano e dialogano per riflettere sulle nuove frontiere di questo mestiere. E sulle difficoltà che i giovani e i giovanissimi incontrano, dall'accesso alla professione al mondo del lavoro, sempre più costellato di esperienze precarie. Organizzato da Youth Press Italia, l'associazione che riunisce nel nostro paese i giovani giornalisti e che fa capo a European Youth Press, il Festival vuole essere un'occasione di confronto, di scambio e di arricchimento per i partecipanti, ma anche una vetrina per tutte quelle esperienze meritevoli e innovative che troppo spesso abitano il sottobosco dell'informazione in Italia.
Perché a Napoli? Lo abbiamo chiesto all'organizzatore e Presidente di Youth Press Italia, Simone D'Antonio. «Napoli vanta già da decenni un vivace panorama di stampa giovanile che negli ultimi anni, con lo sviluppo della multimedialità, ha avuto un nuovo slancio legandosi a scuole, università e non solo. Napoli da sempre rappresenta tutte le contraddizioni del nostro paese e fa lo stesso anche con il settore dei media: nonostante la crisi del settore dell'editoria, i media giovani continuano a crescere per visibilità e numero di lettori, contribuendo alla crescita democratica e civile del territorio. Proprio per sottolineare il valore positivo dei media per lo sviluppo urbano abbiamo scelto di aderire con il festival alla campagna I'm a City Changer dell'Onu, che ci ha inserito fra i progetti di eccellenza di partecipazione e coinvolgimento urbano». E in questa cornice si inseriscono perfettamente gli Ateliers Creativi a cui parteciperanno gli ospiti del Festival: i giovani giornalisti avranno l?opportunità di scoprire le eccellenze nascoste di Napoli, da progetti di riqualificazione urbana a quelli di inclusione sociale. Un viaggio nel cuore pulsante della società civile, un'occasione per raccontare la realtà sul campo e non rielaborando spacci d'agenzia attraverso uno schermo. La staticità di certo giornalismo è ormai nota nel nostro paese, ma non è sicuramente l'unico dei problemi, soprattutto per i giovani: «Senza dubbio l'accesso alla professione è tra le criticità più forti: le scuole di giornalismo non rappresentano assolutamente una garanzia di lavoro equo e ben retribuito, ma la loro moltiplicazione sul territorio contribuisce a creare molti più professionisti di quanto il settore sia realmente in grado di accogliere- commenta Simone- Allo stesso modo è difficilissimo anche riuscire ad avere prospettive lavorative solide facendo la tradizionale gavetta nelle redazioni, con una situazione di disagio lavorativo per decine di migliaia di colleghi in tutta Italia, mal retribuiti (se non addirittura non retribuiti affatto) e senza speranze per il futuro. Inoltre, il problema dei giornalisti pensionati che continuano a lavorare nelle testate giornalistiche con contratti di collaborazione che da soli consentirebbero di retribuire equamente almeno un paio di giovani professionisti è un altro aspetto della crisi di un settore che rinuncia ad investire sui giovani dimenticando completamente i principi di merito e trasparenza». A parlare durante il Festival saranno proprio i diplomati di alcune scuole di giornalismo, che racconteranno le loro esperienze da studenti. Uno sguardo anche all'Europa, con le testimonianze di fotoreporter, e al giornalismo scolastico e universitario di chi comincia a muovere i primi passi in questo mondo, completano il ricco mosaico di interventi, il cui obiettivo principale è la conoscenza reciproca.
Spiega Simone: «Da questo festival mi aspetto un dibattito franco e aperto sulle prospettive del settore, ma spero soprattutto che la tante idee e progetti locali che saranno raccontati possano diventare fonte di ispirazione e di nuove collaborazioni per i partecipanti. Sarei molto contento se dal festival possano nascere progetti comuni, collaborazioni tra testate e ogni altra forma di connessione utile per valorizzare le energie messe in campo e stimolare una maggiore attenzione delle testate nazionali verso l'immenso patrimonio di idee e creatività offerto dai giovani giornalisti in Italia». Quello che è certo è che le esperienze dei più giovani sono un valore aggiunto da cui i media tradizionali non possono più prescindere: se si dà uno sguardo alla situazione europea, sempre più spesso troviamo redazioni con un'età media molto più bassa delle nostre che sfornano prodotti editoriali di tutto rispetto. Ma come cambiare il sistema? Conclude Simone: «A mio avviso il cambiamento può cominciare dal basso, con iniziative di qualità e rispettose dei diritti di chi ci lavora, stabilendo collaborazioni multimediali su scala nazionale e internazionale, oppure ancora investendo sui nuovi media e nel rapporto con il mondo della comunicazione privata e istituzionale, che sempre di più rappresenta uno sbocco lavorativo valido per tanti ragazzi. I giovani giornalisti sono nella posizione migliore per intercettare i cambiamenti del settore, a patto di non restare ancorati ad un'idea antiquata del ruolo del giornalista, ma a configurarsi come professionisti in grado di utilizzare una molteplicità di mezzi e di guardare ad un orizzonte internazionale per arricchirsi di spunti e approcci innovativi».
Perché a Napoli? Lo abbiamo chiesto all'organizzatore e Presidente di Youth Press Italia, Simone D'Antonio. «Napoli vanta già da decenni un vivace panorama di stampa giovanile che negli ultimi anni, con lo sviluppo della multimedialità, ha avuto un nuovo slancio legandosi a scuole, università e non solo. Napoli da sempre rappresenta tutte le contraddizioni del nostro paese e fa lo stesso anche con il settore dei media: nonostante la crisi del settore dell'editoria, i media giovani continuano a crescere per visibilità e numero di lettori, contribuendo alla crescita democratica e civile del territorio. Proprio per sottolineare il valore positivo dei media per lo sviluppo urbano abbiamo scelto di aderire con il festival alla campagna I'm a City Changer dell'Onu, che ci ha inserito fra i progetti di eccellenza di partecipazione e coinvolgimento urbano». E in questa cornice si inseriscono perfettamente gli Ateliers Creativi a cui parteciperanno gli ospiti del Festival: i giovani giornalisti avranno l?opportunità di scoprire le eccellenze nascoste di Napoli, da progetti di riqualificazione urbana a quelli di inclusione sociale. Un viaggio nel cuore pulsante della società civile, un'occasione per raccontare la realtà sul campo e non rielaborando spacci d'agenzia attraverso uno schermo. La staticità di certo giornalismo è ormai nota nel nostro paese, ma non è sicuramente l'unico dei problemi, soprattutto per i giovani: «Senza dubbio l'accesso alla professione è tra le criticità più forti: le scuole di giornalismo non rappresentano assolutamente una garanzia di lavoro equo e ben retribuito, ma la loro moltiplicazione sul territorio contribuisce a creare molti più professionisti di quanto il settore sia realmente in grado di accogliere- commenta Simone- Allo stesso modo è difficilissimo anche riuscire ad avere prospettive lavorative solide facendo la tradizionale gavetta nelle redazioni, con una situazione di disagio lavorativo per decine di migliaia di colleghi in tutta Italia, mal retribuiti (se non addirittura non retribuiti affatto) e senza speranze per il futuro. Inoltre, il problema dei giornalisti pensionati che continuano a lavorare nelle testate giornalistiche con contratti di collaborazione che da soli consentirebbero di retribuire equamente almeno un paio di giovani professionisti è un altro aspetto della crisi di un settore che rinuncia ad investire sui giovani dimenticando completamente i principi di merito e trasparenza». A parlare durante il Festival saranno proprio i diplomati di alcune scuole di giornalismo, che racconteranno le loro esperienze da studenti. Uno sguardo anche all'Europa, con le testimonianze di fotoreporter, e al giornalismo scolastico e universitario di chi comincia a muovere i primi passi in questo mondo, completano il ricco mosaico di interventi, il cui obiettivo principale è la conoscenza reciproca.
Spiega Simone: «Da questo festival mi aspetto un dibattito franco e aperto sulle prospettive del settore, ma spero soprattutto che la tante idee e progetti locali che saranno raccontati possano diventare fonte di ispirazione e di nuove collaborazioni per i partecipanti. Sarei molto contento se dal festival possano nascere progetti comuni, collaborazioni tra testate e ogni altra forma di connessione utile per valorizzare le energie messe in campo e stimolare una maggiore attenzione delle testate nazionali verso l'immenso patrimonio di idee e creatività offerto dai giovani giornalisti in Italia». Quello che è certo è che le esperienze dei più giovani sono un valore aggiunto da cui i media tradizionali non possono più prescindere: se si dà uno sguardo alla situazione europea, sempre più spesso troviamo redazioni con un'età media molto più bassa delle nostre che sfornano prodotti editoriali di tutto rispetto. Ma come cambiare il sistema? Conclude Simone: «A mio avviso il cambiamento può cominciare dal basso, con iniziative di qualità e rispettose dei diritti di chi ci lavora, stabilendo collaborazioni multimediali su scala nazionale e internazionale, oppure ancora investendo sui nuovi media e nel rapporto con il mondo della comunicazione privata e istituzionale, che sempre di più rappresenta uno sbocco lavorativo valido per tanti ragazzi. I giovani giornalisti sono nella posizione migliore per intercettare i cambiamenti del settore, a patto di non restare ancorati ad un'idea antiquata del ruolo del giornalista, ma a configurarsi come professionisti in grado di utilizzare una molteplicità di mezzi e di guardare ad un orizzonte internazionale per arricchirsi di spunti e approcci innovativi».