Brindisi. La strage delle ragazze
Capolinea di Stato
Un nuovo attentato colpisce il nostro paese: vittima il suo futuro, i suoi ragazzi.
Chiara Falcone | 20 maggio 2012
"La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità".
Queste le parole che poco più di vent'anni fa pronunciava uno che della lotta alla mafia ha fatto un motivo di vita: Paolo Borsellino. E oggi ad essere colpiti, nella maniera più vile, sono stati proprio i più giovani: in una scuola di Brindisi che porta orgogliosamente il nome dell'altro grande magistrato morto, come Borsellino, nel terribile attentato di 20 anni fa: Giovanni Falcone.
Molti di voi non c'erano, o erano davvero piccoli per poter ricordare: quei mesi del 1992 che videro gli occhi di milioni di italiani incollati davanti alla tv, increduli, indignati, impauriti.
Increduli davanti alla distruzione provocata dall'esplosione a Capaci; indignati insieme a Rosaria, la vedova di un agente della scorta di Falcone, che pronunciò parole vere e terribili al funerale di Stato. Impauriti, quando fu evidente e conclamato l'inizio di una nuova stagione stragista; quando, appena due mesi dopo, a morire fu anche Paolo Borsellino. Fu uno dei periodi più oscuri della nostra storia: la mafia che colpiva il cuore dello stato proprio quando si cominciavano a supporre e scoprire connivenze al suo interno, nei palazzi alti del potere.
Oggi, a vent'anni di distanza, l'esplosione di tre bombole del gas proprio davanti ad un istituto intitolato a Falcone non può non richiamare alla mente quel pezzo della nostra storia. Il nome dell'istituto, il fatto che avesse vinto un premio sulla legalità e che proprio ieri passasse vicino a Brindisi la Carovana antimafia organizzata da Libera e altre associazioni sono coincidenze da tenere in conto. Ma al di là delle ipotesi, che in questi giorni pulluleranno nei talk show in tv presi d'assalto dagli Sherlock Homes improvvisati, quello che conta è l'obiettivo di questo attentato, sia questo mafioso, terroristico, anarchico o il gesto isolato di un folle. Quello che conta è l'obiettivo inaudito: una scuola.
Quello che conta è l'efferatezza senza precedenti di un atto che colpisce lo stato nel suo futuro, gambizzandolo idealmente. Un paese malconcio, che fa i conti - che non tornano mai- con la crisi economica, subisce oggi l'ennesima spallata. E se il governo si ritrova a mettere le toppe ad un tessuto sociale malandato e sfilacciato, senza peraltro riuscirci in pieno, se il mancontento degli italiani cresce insieme all'inflazione, se la politica è un gioco da ricchi che più non si cura della res publica, atti come questo trovano gioco facile. Nell'antistato mette radici il germe della strategia della tensione, che come una lunga scossa emotiva passa dagli sportelli della Banca dell'Agricoltura di Piazza Fontana ai quaderni insanguinati di via Galanti a Brindisi, quaderni sui cui è stata scritta una delle più brutte pagine della storia italiana.
Queste le parole che poco più di vent'anni fa pronunciava uno che della lotta alla mafia ha fatto un motivo di vita: Paolo Borsellino. E oggi ad essere colpiti, nella maniera più vile, sono stati proprio i più giovani: in una scuola di Brindisi che porta orgogliosamente il nome dell'altro grande magistrato morto, come Borsellino, nel terribile attentato di 20 anni fa: Giovanni Falcone.
Molti di voi non c'erano, o erano davvero piccoli per poter ricordare: quei mesi del 1992 che videro gli occhi di milioni di italiani incollati davanti alla tv, increduli, indignati, impauriti.
Increduli davanti alla distruzione provocata dall'esplosione a Capaci; indignati insieme a Rosaria, la vedova di un agente della scorta di Falcone, che pronunciò parole vere e terribili al funerale di Stato. Impauriti, quando fu evidente e conclamato l'inizio di una nuova stagione stragista; quando, appena due mesi dopo, a morire fu anche Paolo Borsellino. Fu uno dei periodi più oscuri della nostra storia: la mafia che colpiva il cuore dello stato proprio quando si cominciavano a supporre e scoprire connivenze al suo interno, nei palazzi alti del potere.
Oggi, a vent'anni di distanza, l'esplosione di tre bombole del gas proprio davanti ad un istituto intitolato a Falcone non può non richiamare alla mente quel pezzo della nostra storia. Il nome dell'istituto, il fatto che avesse vinto un premio sulla legalità e che proprio ieri passasse vicino a Brindisi la Carovana antimafia organizzata da Libera e altre associazioni sono coincidenze da tenere in conto. Ma al di là delle ipotesi, che in questi giorni pulluleranno nei talk show in tv presi d'assalto dagli Sherlock Homes improvvisati, quello che conta è l'obiettivo di questo attentato, sia questo mafioso, terroristico, anarchico o il gesto isolato di un folle. Quello che conta è l'obiettivo inaudito: una scuola.
Quello che conta è l'efferatezza senza precedenti di un atto che colpisce lo stato nel suo futuro, gambizzandolo idealmente. Un paese malconcio, che fa i conti - che non tornano mai- con la crisi economica, subisce oggi l'ennesima spallata. E se il governo si ritrova a mettere le toppe ad un tessuto sociale malandato e sfilacciato, senza peraltro riuscirci in pieno, se il mancontento degli italiani cresce insieme all'inflazione, se la politica è un gioco da ricchi che più non si cura della res publica, atti come questo trovano gioco facile. Nell'antistato mette radici il germe della strategia della tensione, che come una lunga scossa emotiva passa dagli sportelli della Banca dell'Agricoltura di Piazza Fontana ai quaderni insanguinati di via Galanti a Brindisi, quaderni sui cui è stata scritta una delle più brutte pagine della storia italiana.