Camila Vallejo e le rivolte studentesche che fanno tremare il governo cileno.
Gli eroi son tutti giovani e belli
Camila Vallejo e le rivolte studentesche che fanno tremare il governo cileno
Eleonora Cosmelli | 7 marzo 2012
Lunghi capelli scuri, occhi verdi, piercing al naso. Jeans e felpa, voce chiara, un sorriso ogni tanto. Così si presenta Camila Vallejo, 24 anni, una studentessa cilena divenuta l’icona dei movimenti studenteschi di tutto il mondo. Militante della Juventudes Comunistas de Chile ed ex-presidente della Federación de Estudiantes de la Universidad de Chile (FECh), Camila ha da poco trascorso venti giorni in giro per l’Europa, accompagnata da Karol Cariola, segretaria generale della Gioventù Comunista Cilena, e da Jorge Murua, del sindacato Cut: dopo quasi un anno di articoli in prima pagina e copertine di riviste dedicate a lei e al suo movimento, ha deciso di raccontarlo finalmente in prima persona. Il 9 febbraio, i tre pasionados fanno tappa a Roma, accolti alla meglio da una città in balia della neve e da una sinistra così disunita da costringerli a partecipare a due eventi diversi nello stesso pomeriggio, al Centro Congressi di via Cavour e al Caffè Letterario, dove ho potuto seguire anch’io la sua intervista. Ma facciamo un passo indietro. Chi è Camila e cos’ha fatto il suo movimento quest’anno? Intanto, sottolineiamo che l’attuale mobilitazione cilena pone le proprie basi, prima ancora che su un’ideologia, su delle esigenze reali e precise, dettate da una situazione di crisi istituzionale che attenta alla vita stessa della giovane democrazia cilena, nata dalle macerie della feroce dittatura militare di Pinochet.
La democrazia ha portato la libertà del commercio, commenta Camila, ma non a un diritto all’istruzione uguale per tutti. Questo non è un problema solo degli studenti, ma dell’intera società.
Come molti paesi dell’America Latina, anche il Cile ha passato negli ultimi anni un periodo d’intensa crescita economica, ma ha investito poco e niente nel sociale: per questo l’istruzione è ancora oggi quasi del tutto sotto il monopolio dei privati. Come sottolinea Murua, mentre i salari diminuiscono di anno in anno, le famiglie si trovano costrette a indebitarsi con le banche per pagare rette scolastiche di circa 5000 euro per un servizio sempre peggiore: negli ultimi tempi sono state abolite tutte le materie che non fossero meramente pragmatiche, dalla musica alla letteratura, fino a una diminuzione delle ore di storia. Anche le università statali, nonostante i circa 1000 euro al mese di retta, offrono pochissimi corsi: persino la facoltà di economica è stata declassata a “ingegneria commerciale”. Nonostante la legge lo vieti, queste strutture sono state fondate a scopo di lucro.
Queste problematiche, insieme al carisma di Camila e del suo seguito, hanno portato nel 2011 più di mezzo milione di studenti, lavoratori e funzionari pubblici a partecipare a continue manifestazioni di protesta e all’occupazione di più di 700 istituti, sostenuti ormai dall’81% della popolazione nonostante le distorsioni dei media, sotto il controllo del governo Piñera, che in passato ha sostenuto la dittatura militare.
Il loro primo risultato è stato quello di risvegliare le coscienze assopite dei cileni, unendo tutte le categorie sociali in una forma di lotta politica collettiva, diventando infine il punto di riferimento degli Indignati. Ora l’obiettivo è creare nel giro di 7 anni un congresso nazionale per dare al movimento una struttura organizzativa, dice Murua. E se Piñera ha perso il 70% dei consensi, lo si deve anche alle loro mobilitazioni.
Al momento, comunque, Camila vive sotto scorta a causa delle minacce che arrivano dagli ambienti istituzionali, tra cui quella di un’alta funzionaria del ministro della Cultura, Tatiana Selles. Il prezzo da pagare per essere il modello di innumerevoli studenti di tutto il mondo?
La democrazia ha portato la libertà del commercio, commenta Camila, ma non a un diritto all’istruzione uguale per tutti. Questo non è un problema solo degli studenti, ma dell’intera società.
Come molti paesi dell’America Latina, anche il Cile ha passato negli ultimi anni un periodo d’intensa crescita economica, ma ha investito poco e niente nel sociale: per questo l’istruzione è ancora oggi quasi del tutto sotto il monopolio dei privati. Come sottolinea Murua, mentre i salari diminuiscono di anno in anno, le famiglie si trovano costrette a indebitarsi con le banche per pagare rette scolastiche di circa 5000 euro per un servizio sempre peggiore: negli ultimi tempi sono state abolite tutte le materie che non fossero meramente pragmatiche, dalla musica alla letteratura, fino a una diminuzione delle ore di storia. Anche le università statali, nonostante i circa 1000 euro al mese di retta, offrono pochissimi corsi: persino la facoltà di economica è stata declassata a “ingegneria commerciale”. Nonostante la legge lo vieti, queste strutture sono state fondate a scopo di lucro.
Queste problematiche, insieme al carisma di Camila e del suo seguito, hanno portato nel 2011 più di mezzo milione di studenti, lavoratori e funzionari pubblici a partecipare a continue manifestazioni di protesta e all’occupazione di più di 700 istituti, sostenuti ormai dall’81% della popolazione nonostante le distorsioni dei media, sotto il controllo del governo Piñera, che in passato ha sostenuto la dittatura militare.
Il loro primo risultato è stato quello di risvegliare le coscienze assopite dei cileni, unendo tutte le categorie sociali in una forma di lotta politica collettiva, diventando infine il punto di riferimento degli Indignati. Ora l’obiettivo è creare nel giro di 7 anni un congresso nazionale per dare al movimento una struttura organizzativa, dice Murua. E se Piñera ha perso il 70% dei consensi, lo si deve anche alle loro mobilitazioni.
Al momento, comunque, Camila vive sotto scorta a causa delle minacce che arrivano dagli ambienti istituzionali, tra cui quella di un’alta funzionaria del ministro della Cultura, Tatiana Selles. Il prezzo da pagare per essere il modello di innumerevoli studenti di tutto il mondo?