Fenomeni. Nei panni del supereroe
E adesso... su la maschera!
I cosplay sono tra noi. Manga, cartoni animati e non solo spalancano le porte del loro mondo ed esaudiscono il desiderio di quando eravamo bambini: diventare come loro, per un giorno
Serena Mosso | 3 febbraio 2012
Come tutte le migliori e folli mode che si rispettino, anche il fenomeno cosplay arriva dal Giappone, terra giovanile del travestimento stravagante. Investe gli otaku, appassionati (talvolta fino all’ossessione) di manga, anime e videogiochi che partecipano alle fiere dei fumetti travestiti dai loro personaggi preferiti. Diventano cosplayers, secondo la definizione americana: una contrazione tra “costume” e “play” - recitare, impersonare. Insomma, giocare. E questi giocatori camminano per le fiere, si atteggiano come i personaggi che impersonano, si mettono in posa per farsi fotografare. La fiera del fumetto diventa un’occasione di sano e clamoroso esibizionismo che diverte, diventa moda e come moda si espande per tutto l’Occidente.
Il tutto fa sorridere, diverte: diventare qualcun altro per davvero come non si è mai riusciti a fare da piccoli, quando si giocava a essere eroi che attraversavano la lava tra le mattonelle di casa. Mascherarsi e poter andare in giro in non più tenera età (i cosplayers vanno dai 13 ai 30 anni e più) senza essere presi per “strani”. Incontrarsi tra sconosciuti e scattare foto insieme, farsi i complimenti per i travestimenti, rispondere con toni e parole che userebbero i personaggi. E per un giorno si ritorna a essere tutti amici, tutti bambini, a giocare al “facciamo che io ero … e tu invece eri…”.
Si assemblano pezzi diversi, vestiti trovati nei negozi dell’usato, accessori e trucchi comprati in negozi specializzati che sorgono appositamente per soddisfare le esigenze dei cosplayers. Figurarsi se la dea Imprenditoria si sarebbe fatta scappare una simile, nuova fetta di potenziale mercato.
Arrivano i contest
Ecco che in poco tempo lo spirito spontaneo del travestimento giapponese viene travolto da un’ulteriore trovata: le gare Cosplay. Nelle migliori fiere italiane (“Lucca Comics”, “Romics”, “Rimini Comics”, “Comicon”, “Fumettopoli”) nascono appositi spazi e momenti per queste competizioni, che prevedono sfilate in costume al termine delle quali una giuria decreta il “miglior cosplay” maschile e femminile, il “miglior gruppo” (diventa ganzo presentarsi alle fiere mascherati da personaggi dello stesso film o fumetto), la “miglior interpretazione” (c’è il tempo per performance di qualche minuto nei panni dei propri alter ego), il “premio simpatia”. Vincere le gare regala popolarità, interviste e servizi fotografici su riviste e siti specializzati, la possibilità di partecipare a competizioni fuori dall’Italia. Un’esperienza goliardica e tutto sommato innocua.
Appendili in camera!
Ma siccome in Occidente impera anche il dio Business, ecco che spuntano ditte che scelgono i cosplayers più celebri come testimonial dei loro prodotti; alcune riviste allegano poster con le loro foto (“staccabili dal centro!” “Appendili in camera!”). Del resto chi di noi non ha mai sognato di attaccarsi sull’armadio l’immagine di uno sconosciuto vestito da Super Sayan. Nasce anche il primo calendario ufficiale italiano dei cosplay, a cura del fotografo Francesco Bortone, mentre su Facebook proliferano gruppi dove caricare le proprie foto, dove ci si tagga, ci si cerca e ci si riconosce. E si degenera, con i gruppi per “I cosplay più sexy”, con cosce e tette al vento (spesso rifatte) commentate da giovani sbavanti e un tripudio di pettorali e boria maschile che alla lunga viene a noia.
E tu, che cosplay sei?
Molti creano il proprio travestimento con grande cura e in molti mesi, per passione, per mettersi in gioco o per sfilare alle gare; ma c’è chi non ha tutta questa dedizione o chi è solo alla ricerca di un cosplay semplice, sufficientemente “giusto” a far ottenere la riduzione del biglietto d’ingresso per la fiera. Vuoi convincere il tuo migliore amico restio a mascherarsi con te? Mettigli in testa un rombo verde di carta, sospeso con un cerchietto, e avrai un Sims in carne e ossa. Oppure vestilo di nero e dipingigli il viso di bianco per fare Il Corvo. In alternativa, presentati con gli occhi cerchiati di nero e le occhiaie sotto al ginocchio e sarai un perfetto L; e per restare in tema di Death Note, se sei bionda e hai un vestito qualunque da “gothic lolita” ti basterà assumere un’aria stralunata e munirti di autoreggenti a rete per essere un’avvenente Misa Misa; se il caldo ti spossa – specie nelle fiere invernali – puoi sempre svestirti da Lamù e attirare così orde di maschietti in astinenza sicuramente desiderosi di disquisire con te sulle Tesi di Lutero.
E dopo i fumetti, i film e i videogiochi, è proprio dalla religione che arriva negli ultimi tempi l’ondata di cosplay più dissacrante: ad ogni fiera non manca almeno un giovane volenteroso che si trascina una croce sulle spalle, qualche Papa o addirittura “Dio” con tanto di aureola. Il fenomeno diventa satira e colpisce anche la politica, sicché si possono ammirare attempati “Bush” a braccetto con improbabili “Gheddafi”, “Obama” e “Berlusconi”. Dall’universo del rock approdano i vari Axel Rose e Slash munito di chitarra; e dal mondo letterario uno stuolo di immancabili vampiri (argh! di nuovo loro!), fortunatamente seguiti a ruota dai loro avversari storici. No, niente lupi mannari; ma maghetti con cicatrici e Mangiamorte pronti a farli fuori a colpi di “Avada Kedavra”.
Il tutto fa sorridere, diverte: diventare qualcun altro per davvero come non si è mai riusciti a fare da piccoli, quando si giocava a essere eroi che attraversavano la lava tra le mattonelle di casa. Mascherarsi e poter andare in giro in non più tenera età (i cosplayers vanno dai 13 ai 30 anni e più) senza essere presi per “strani”. Incontrarsi tra sconosciuti e scattare foto insieme, farsi i complimenti per i travestimenti, rispondere con toni e parole che userebbero i personaggi. E per un giorno si ritorna a essere tutti amici, tutti bambini, a giocare al “facciamo che io ero … e tu invece eri…”.
Si assemblano pezzi diversi, vestiti trovati nei negozi dell’usato, accessori e trucchi comprati in negozi specializzati che sorgono appositamente per soddisfare le esigenze dei cosplayers. Figurarsi se la dea Imprenditoria si sarebbe fatta scappare una simile, nuova fetta di potenziale mercato.
Arrivano i contest
Ecco che in poco tempo lo spirito spontaneo del travestimento giapponese viene travolto da un’ulteriore trovata: le gare Cosplay. Nelle migliori fiere italiane (“Lucca Comics”, “Romics”, “Rimini Comics”, “Comicon”, “Fumettopoli”) nascono appositi spazi e momenti per queste competizioni, che prevedono sfilate in costume al termine delle quali una giuria decreta il “miglior cosplay” maschile e femminile, il “miglior gruppo” (diventa ganzo presentarsi alle fiere mascherati da personaggi dello stesso film o fumetto), la “miglior interpretazione” (c’è il tempo per performance di qualche minuto nei panni dei propri alter ego), il “premio simpatia”. Vincere le gare regala popolarità, interviste e servizi fotografici su riviste e siti specializzati, la possibilità di partecipare a competizioni fuori dall’Italia. Un’esperienza goliardica e tutto sommato innocua.
Appendili in camera!
Ma siccome in Occidente impera anche il dio Business, ecco che spuntano ditte che scelgono i cosplayers più celebri come testimonial dei loro prodotti; alcune riviste allegano poster con le loro foto (“staccabili dal centro!” “Appendili in camera!”). Del resto chi di noi non ha mai sognato di attaccarsi sull’armadio l’immagine di uno sconosciuto vestito da Super Sayan. Nasce anche il primo calendario ufficiale italiano dei cosplay, a cura del fotografo Francesco Bortone, mentre su Facebook proliferano gruppi dove caricare le proprie foto, dove ci si tagga, ci si cerca e ci si riconosce. E si degenera, con i gruppi per “I cosplay più sexy”, con cosce e tette al vento (spesso rifatte) commentate da giovani sbavanti e un tripudio di pettorali e boria maschile che alla lunga viene a noia.
E tu, che cosplay sei?
Molti creano il proprio travestimento con grande cura e in molti mesi, per passione, per mettersi in gioco o per sfilare alle gare; ma c’è chi non ha tutta questa dedizione o chi è solo alla ricerca di un cosplay semplice, sufficientemente “giusto” a far ottenere la riduzione del biglietto d’ingresso per la fiera. Vuoi convincere il tuo migliore amico restio a mascherarsi con te? Mettigli in testa un rombo verde di carta, sospeso con un cerchietto, e avrai un Sims in carne e ossa. Oppure vestilo di nero e dipingigli il viso di bianco per fare Il Corvo. In alternativa, presentati con gli occhi cerchiati di nero e le occhiaie sotto al ginocchio e sarai un perfetto L; e per restare in tema di Death Note, se sei bionda e hai un vestito qualunque da “gothic lolita” ti basterà assumere un’aria stralunata e munirti di autoreggenti a rete per essere un’avvenente Misa Misa; se il caldo ti spossa – specie nelle fiere invernali – puoi sempre svestirti da Lamù e attirare così orde di maschietti in astinenza sicuramente desiderosi di disquisire con te sulle Tesi di Lutero.
E dopo i fumetti, i film e i videogiochi, è proprio dalla religione che arriva negli ultimi tempi l’ondata di cosplay più dissacrante: ad ogni fiera non manca almeno un giovane volenteroso che si trascina una croce sulle spalle, qualche Papa o addirittura “Dio” con tanto di aureola. Il fenomeno diventa satira e colpisce anche la politica, sicché si possono ammirare attempati “Bush” a braccetto con improbabili “Gheddafi”, “Obama” e “Berlusconi”. Dall’universo del rock approdano i vari Axel Rose e Slash munito di chitarra; e dal mondo letterario uno stuolo di immancabili vampiri (argh! di nuovo loro!), fortunatamente seguiti a ruota dai loro avversari storici. No, niente lupi mannari; ma maghetti con cicatrici e Mangiamorte pronti a farli fuori a colpi di “Avada Kedavra”.