Tra ricordi e realtà
Saluti da L'Aquila
Il racconto di una giovane studentessa
Marta Fabrizi | 2 febbraio 2012
C'è un nuovo vicolo senza transenna per il corso: è aperto, è un altro scorcio di città da ricordare.
Salgo su per la salita e cammino fino a perdermi nella memoria, cercando di ricordare un qualsiasi giorno del passato in cui ho percorso questa via, in cui mi ci sono trovata senza pensarci, senza provare meraviglia, questa nuova meraviglia che invece provo adesso. È strano: dovrebbe essere normale camminare per le vie della propria città senza pensarci troppo su.
Non ho avuto nessun ricordo, i miei occhi sembrano guardare uno scenario del tutto nuovo. Mi fermo in una minuscola piazzetta: non c’è nessuno, i sampietrini sono verdi, c’è dell’erba ai bordi delle case e fa freddo, molto. Eppure fuori è una tiepida giornata di primavera, anche se di primavera in questa piazza non c’è segno.
Mentre guardo questi vicoli ho nella mia testa l’immagine di una casa abbandonata, dove mai nessuno passa e fa freddo, è umido, qualche muro è anche rovinato. Ma non riesco a spostare gli occhi da queste mura. La fantasia comincia a prendere il sopravvento e mi porta via. Adesso sono nella stessa piazza ma è così bella e piena di vita! Le antiche mura della chiesa non hanno più il muschio che le contorna e il mascherone non ha l’aria triste e tetra, sembra quasi sorridere al raggio di sole che lo illumina. Sembra esserci l’aria di festa, i sampietrini bianchi colorano l’atmosfera di tranquillità.
Ad un tratto il rumore di un cantiere vicino mi sveglia, c’è un operaio che urla dall’alto dell’impalcatura e allora capisco che stavo sognando; mi sveglio e faccio i conti con la realtà, con questa piazzetta solitaria e fredda. Guardo l’orologio: è tardi, devo andare, tra qualche minuto parte l’autobus, mi tocca anche correre e così mi rimprovero di aver perso tempo a fantasticare. D’altra parte me lo sento ripetere ogni giorno che sono altre le cose che valgono, che è arrivato il momento di essere seri e smetterla di difendere questi quattro sassi.
Ma mentre cammino a passo svelto tra i vicoli mi trovo davanti un anziano signore che porta per mano suo nipote, troppo piccolo per ricordare la casa del nonno. Il bimbo ascolta i suoi racconti con occhi ingenui che cercano di stare dietro a quelle parole così strane, che non possono essere vere. Rimango pietrificata, non penso nemmeno all’autobus che parte, con i raggi del sole che tramontano mi tornano in mente le parole de Il vecchio e il bambino: c’è la stessa poesia.
Allora capisco perché questi quattro sassi contano così tanto. Capisco perché bisogna credere in una ricostruzione, perché si deve voler tornare a camminare sulle nostre strade. La spiegazione è semplice, è ovunque. Si legge nella nostalgia negli occhi dell’uomo mentre parla a suo nipote, è nei centri commerciali quando si è assaliti dalla confusione e capisci che le luci al neon non potranno mai rimpiazzare i lampioni di Piazza Palazzo, è nella consapevolezza di non volersi trovare un giorno davanti a un bambino e mostrargli la stessa città di adesso, dirgli a testa bassa: “non ci siamo riusciti”.
Io a un bambino voglio raccontare un’altra storia, simile a una favola, e dirgli infine che, nonostante gli sforzi e le difficoltà, tutti tornarono ad essere felici e contenti dentro queste mura.
Una scossa d’arte
Riapre il Muspac in periferia
È il primo e unico museo a “risorgere” all’Aquila: gravemente danneggiato dal sisma del 2009, il Museo sperimentale d’arte contemporanea ha inaugurato da poco la nuova sede in Piazza D’Arti, diventata ormai il luogo d’incontro di tutte le associazioni culturali. Fin dalla sua fondazione nel 1993, il Muspac ha raccolto opere di artisti nazionali e internazionali di grande rilievo; oggi la sua collezione permanente, impreziosita anche dalle donazioni fatte dopo il terremoto, vanta nomi come Pistoletto e Joseph Beuys. Non solo opere: presso il museo vengono organizzati incontri, laboratori didattici per i ragazzi e conferenze. Tutte iniziative che ora più di prima assumono il ruolo importante di riaggregare la collettività attraverso nuovi stimoli. Il nuovo Muspac è stato realizzato grazie alle donazioni di Terna, della fondazione Carispaq, del museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, del Comune dell’Aquila e della Protezione civile.
Salgo su per la salita e cammino fino a perdermi nella memoria, cercando di ricordare un qualsiasi giorno del passato in cui ho percorso questa via, in cui mi ci sono trovata senza pensarci, senza provare meraviglia, questa nuova meraviglia che invece provo adesso. È strano: dovrebbe essere normale camminare per le vie della propria città senza pensarci troppo su.
Non ho avuto nessun ricordo, i miei occhi sembrano guardare uno scenario del tutto nuovo. Mi fermo in una minuscola piazzetta: non c’è nessuno, i sampietrini sono verdi, c’è dell’erba ai bordi delle case e fa freddo, molto. Eppure fuori è una tiepida giornata di primavera, anche se di primavera in questa piazza non c’è segno.
Mentre guardo questi vicoli ho nella mia testa l’immagine di una casa abbandonata, dove mai nessuno passa e fa freddo, è umido, qualche muro è anche rovinato. Ma non riesco a spostare gli occhi da queste mura. La fantasia comincia a prendere il sopravvento e mi porta via. Adesso sono nella stessa piazza ma è così bella e piena di vita! Le antiche mura della chiesa non hanno più il muschio che le contorna e il mascherone non ha l’aria triste e tetra, sembra quasi sorridere al raggio di sole che lo illumina. Sembra esserci l’aria di festa, i sampietrini bianchi colorano l’atmosfera di tranquillità.
Ad un tratto il rumore di un cantiere vicino mi sveglia, c’è un operaio che urla dall’alto dell’impalcatura e allora capisco che stavo sognando; mi sveglio e faccio i conti con la realtà, con questa piazzetta solitaria e fredda. Guardo l’orologio: è tardi, devo andare, tra qualche minuto parte l’autobus, mi tocca anche correre e così mi rimprovero di aver perso tempo a fantasticare. D’altra parte me lo sento ripetere ogni giorno che sono altre le cose che valgono, che è arrivato il momento di essere seri e smetterla di difendere questi quattro sassi.
Ma mentre cammino a passo svelto tra i vicoli mi trovo davanti un anziano signore che porta per mano suo nipote, troppo piccolo per ricordare la casa del nonno. Il bimbo ascolta i suoi racconti con occhi ingenui che cercano di stare dietro a quelle parole così strane, che non possono essere vere. Rimango pietrificata, non penso nemmeno all’autobus che parte, con i raggi del sole che tramontano mi tornano in mente le parole de Il vecchio e il bambino: c’è la stessa poesia.
Allora capisco perché questi quattro sassi contano così tanto. Capisco perché bisogna credere in una ricostruzione, perché si deve voler tornare a camminare sulle nostre strade. La spiegazione è semplice, è ovunque. Si legge nella nostalgia negli occhi dell’uomo mentre parla a suo nipote, è nei centri commerciali quando si è assaliti dalla confusione e capisci che le luci al neon non potranno mai rimpiazzare i lampioni di Piazza Palazzo, è nella consapevolezza di non volersi trovare un giorno davanti a un bambino e mostrargli la stessa città di adesso, dirgli a testa bassa: “non ci siamo riusciti”.
Io a un bambino voglio raccontare un’altra storia, simile a una favola, e dirgli infine che, nonostante gli sforzi e le difficoltà, tutti tornarono ad essere felici e contenti dentro queste mura.
Una scossa d’arte
Riapre il Muspac in periferia
È il primo e unico museo a “risorgere” all’Aquila: gravemente danneggiato dal sisma del 2009, il Museo sperimentale d’arte contemporanea ha inaugurato da poco la nuova sede in Piazza D’Arti, diventata ormai il luogo d’incontro di tutte le associazioni culturali. Fin dalla sua fondazione nel 1993, il Muspac ha raccolto opere di artisti nazionali e internazionali di grande rilievo; oggi la sua collezione permanente, impreziosita anche dalle donazioni fatte dopo il terremoto, vanta nomi come Pistoletto e Joseph Beuys. Non solo opere: presso il museo vengono organizzati incontri, laboratori didattici per i ragazzi e conferenze. Tutte iniziative che ora più di prima assumono il ruolo importante di riaggregare la collettività attraverso nuovi stimoli. Il nuovo Muspac è stato realizzato grazie alle donazioni di Terna, della fondazione Carispaq, del museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, del Comune dell’Aquila e della Protezione civile.