Domenica in concerto. Il ricco cartellone della Barattelli
Beethoven al centro commerciale
Percorsi non convenzionali e concertisti di fama mondiale: così il capoluogo abruzzese riscopre la musica. Guido Barbieri, storica voce di Radio3 e neo direttore artistico della Società aquilana dei concerti, ci illustra le novità della stagione
Redazione | 2 dicembre 2011
Si incontrano la domenica e sono raddoppiati nel giro di due anni: non stiamo parlando degli abbonati di una squadra di calcio, né degli spettatori di noiosi programmi d’intrattenimento in tv. Sono i sempre più numerosi cittadini aquilani che hanno deciso di trascorrere il loro tempo ascoltando i concerti e partecipando alle numerose iniziative della Società Aquilana dei Concerti “Barattelli”, nata nel 1946 con l’obiettivo di fare del capoluogo abruzzese un polo vivo della cultura musicale europea. Dopo il terremoto, la “Barattelli” si è impegnata ad offrire alla popolazione occasioni nuove di aggregazione. Ne abbiamo parlato con il suo neo direttore artistico Guido Barbieri, critico musicale e storica voce di Radio3.
La “Barattelli”, di cui lei è stato nominato direttore artistico, è stata un centro musicale sempre attento al mondo dei giovani in generale fin dalla sua fondazione: quali sono oggi le iniziative per i ragazzi?
«Prima di tutto il coro di voci bianche, un’iniziativa interessante che la “Barattelli” organizza ormai da qualche anno. I ragazzi fanno un’attività molto originale: da un lato c’è un intervento costante nelle scuole, con diversi progetti di educazione musicale, dall’altro le nozioni apprese vengono tradotte in progetti di carattere esecutivo. Alla fine dell’anno prossimo, ad esempio, ci sarà una bellissima iniziativa nel castello dell’Aquila, con un piccolo percorso attraverso percezioni, odori e colori che si mescolano con la musica. È un modo intelligente per avvicinare la città a delle attività che altrimenti rimarrebbero chiuse all’interno delle scuole».
E per quanto riguarda la scelta dei concerti in programma?
«L’Aquila ha avuto sempre un’attenzione speciale alla musica contemporanea, dai tempi in cui il direttore artistico era Goffredo Petrassi: le scelte vengono pensate e misurate sui gusti degli spettatori più giovani. Per quel che mi riguarda cercherò di dare un impulso ancora più forte ai linguaggi musicali del nostro tempo».
Il cartellone concertistico di questa stagione sembra ricco e variegato: quali le novità più salienti?
«La stagione programmata da Alessandro Mastropietro, il direttore artistico che mi ha preceduto, ruota attorno ad alcuni appuntamenti con i grandi concertisti di fama internazionale come Andras Schiff, Mario Brunello e Timothy Brock.
La “Barattelli” sta vivendo un periodo felice nonostante la situazione dell’Aquila perché dal dopo terremoto gli abbonati sono raddoppiati. Sono più di 700 in una città che ormai è piccola: questo è indice di una gran voglia di musica, l’appuntamento con i concerti ogni domenica alle 18 è entrato ancora di più nei bisogni delle persone. La musica, contemporanea o no, ha riscoperto all’Aquila il valore della sua necessità sociale».
E questa funzione aggregatrice può coinvolgere anche i ragazzi che forse sono i più colpiti dalla mancanza di luoghi?
«Sì, sicuramente. Prima di tutto con una politica dei prezzi alla portata di tutti che la “Barattelli” ha sempre seguito; poi stiamo pensando a una sorta di stagione parallela, una serie di concerti in luoghi non convenzionali. L’Aquila soffre di una grande difficoltà a ricavare spazi per la musica: e allora la porteremo dove la gente si ritrova, dalla stazione delle corriere ai centri commerciali, che sono diventati dopo il terremoto un luogo di ritrovo usuale per i giovani».
Il prossimo aprile andrà in scena nella Basilica di Collemaggio 3e32. Naufragio di terra, da un suo testo…
«Più che mio è un testo scritto dagli abitanti della città: è un’opera corale. Le voci recitanti saranno cittadini che racconteranno le loro storie, io le ho legate in un tessuto drammaturgico che richiama il rito delle tenebre pasquale. Sono racconti più di vita che di morte: ogni storia parte da una delle vittime, ma da lì si trasforma in quella positiva di chi vuole staccarsi dall’incombenza della morte per trasformarla in energia vitale».
Lei è un critico musicale di lunga data, storica voce di Rai Radio 3, docente al conservatorio: cosa si aspetta da questa esperienza di direttore artistico della “Barattelli”?
«Mi aspetto di riuscire ad essere utile alla città: la nostra Società, l’orchestra, il teatro Stabile, tutti devono sforzarsi a restituire all’Aquila una normalità perché i cittadini sono stanchi di vivere l’emergenza. Noi siamo il tramite per ricostruire un’integrità perduta che va assolutamente riconquistata».
Sabato in centro. All’Aquila non è lo stesso
Uscire insieme, nonostante tutto
Il sabato sera non è più lo stesso per noi ragazzi qui all’Aquila. Sono venute del tutto a mancare quelle strutture che prima ci accoglievano: i ritrovi, i luoghi in cui si poteva fare musica, i cinema, i teatri. Tutto questo, nel centro dell’Aquila non c’è più. O meglio, c’è ancora, dietro le transenne, in zona rossa. Ma è tutto chiuso, vuoto e inaccessibile. Dopo il terremoto, di sera, si vedono aperti solo bar e pub. Eppure molti ragazzi la sera vanno in centro, tra le macerie, per ritrovarsi insieme. Per stare insieme. Ragazzi di tutte le età. Purtroppo anche il consumo di alcol è diventato “normale” e sta dilagando anche tra i più giovani. Per noi tutto è cambiato. Ci mancano i luoghi di aggregazione e di incontro, ci manca quasi tutto. Eppure, nonostante questo, il sabato sera torniamo in centro, cercando di vivere bene quel poco che c’è.
Raffaele Manieri, Itis “Amedeo di Savoia Duca D’Aosta” - L’Aquila
La “Barattelli”, di cui lei è stato nominato direttore artistico, è stata un centro musicale sempre attento al mondo dei giovani in generale fin dalla sua fondazione: quali sono oggi le iniziative per i ragazzi?
«Prima di tutto il coro di voci bianche, un’iniziativa interessante che la “Barattelli” organizza ormai da qualche anno. I ragazzi fanno un’attività molto originale: da un lato c’è un intervento costante nelle scuole, con diversi progetti di educazione musicale, dall’altro le nozioni apprese vengono tradotte in progetti di carattere esecutivo. Alla fine dell’anno prossimo, ad esempio, ci sarà una bellissima iniziativa nel castello dell’Aquila, con un piccolo percorso attraverso percezioni, odori e colori che si mescolano con la musica. È un modo intelligente per avvicinare la città a delle attività che altrimenti rimarrebbero chiuse all’interno delle scuole».
E per quanto riguarda la scelta dei concerti in programma?
«L’Aquila ha avuto sempre un’attenzione speciale alla musica contemporanea, dai tempi in cui il direttore artistico era Goffredo Petrassi: le scelte vengono pensate e misurate sui gusti degli spettatori più giovani. Per quel che mi riguarda cercherò di dare un impulso ancora più forte ai linguaggi musicali del nostro tempo».
Il cartellone concertistico di questa stagione sembra ricco e variegato: quali le novità più salienti?
«La stagione programmata da Alessandro Mastropietro, il direttore artistico che mi ha preceduto, ruota attorno ad alcuni appuntamenti con i grandi concertisti di fama internazionale come Andras Schiff, Mario Brunello e Timothy Brock.
La “Barattelli” sta vivendo un periodo felice nonostante la situazione dell’Aquila perché dal dopo terremoto gli abbonati sono raddoppiati. Sono più di 700 in una città che ormai è piccola: questo è indice di una gran voglia di musica, l’appuntamento con i concerti ogni domenica alle 18 è entrato ancora di più nei bisogni delle persone. La musica, contemporanea o no, ha riscoperto all’Aquila il valore della sua necessità sociale».
E questa funzione aggregatrice può coinvolgere anche i ragazzi che forse sono i più colpiti dalla mancanza di luoghi?
«Sì, sicuramente. Prima di tutto con una politica dei prezzi alla portata di tutti che la “Barattelli” ha sempre seguito; poi stiamo pensando a una sorta di stagione parallela, una serie di concerti in luoghi non convenzionali. L’Aquila soffre di una grande difficoltà a ricavare spazi per la musica: e allora la porteremo dove la gente si ritrova, dalla stazione delle corriere ai centri commerciali, che sono diventati dopo il terremoto un luogo di ritrovo usuale per i giovani».
Il prossimo aprile andrà in scena nella Basilica di Collemaggio 3e32. Naufragio di terra, da un suo testo…
«Più che mio è un testo scritto dagli abitanti della città: è un’opera corale. Le voci recitanti saranno cittadini che racconteranno le loro storie, io le ho legate in un tessuto drammaturgico che richiama il rito delle tenebre pasquale. Sono racconti più di vita che di morte: ogni storia parte da una delle vittime, ma da lì si trasforma in quella positiva di chi vuole staccarsi dall’incombenza della morte per trasformarla in energia vitale».
Lei è un critico musicale di lunga data, storica voce di Rai Radio 3, docente al conservatorio: cosa si aspetta da questa esperienza di direttore artistico della “Barattelli”?
«Mi aspetto di riuscire ad essere utile alla città: la nostra Società, l’orchestra, il teatro Stabile, tutti devono sforzarsi a restituire all’Aquila una normalità perché i cittadini sono stanchi di vivere l’emergenza. Noi siamo il tramite per ricostruire un’integrità perduta che va assolutamente riconquistata».
Sabato in centro. All’Aquila non è lo stesso
Uscire insieme, nonostante tutto
Il sabato sera non è più lo stesso per noi ragazzi qui all’Aquila. Sono venute del tutto a mancare quelle strutture che prima ci accoglievano: i ritrovi, i luoghi in cui si poteva fare musica, i cinema, i teatri. Tutto questo, nel centro dell’Aquila non c’è più. O meglio, c’è ancora, dietro le transenne, in zona rossa. Ma è tutto chiuso, vuoto e inaccessibile. Dopo il terremoto, di sera, si vedono aperti solo bar e pub. Eppure molti ragazzi la sera vanno in centro, tra le macerie, per ritrovarsi insieme. Per stare insieme. Ragazzi di tutte le età. Purtroppo anche il consumo di alcol è diventato “normale” e sta dilagando anche tra i più giovani. Per noi tutto è cambiato. Ci mancano i luoghi di aggregazione e di incontro, ci manca quasi tutto. Eppure, nonostante questo, il sabato sera torniamo in centro, cercando di vivere bene quel poco che c’è.
Raffaele Manieri, Itis “Amedeo di Savoia Duca D’Aosta” - L’Aquila