Qui Germania. L’incredibile successo del partito dei pirati
All’arrembaggio del Parlamento tedesco
L’incredibile successo del partito dei pirati
Andreas Iacarella, 18 anni | 7 novembre 2011
Tra i tedeschi non ci sono solo indignati, ma anche “pirati”, che combattono per la libertà di Internet e credono nella democrazia reale, ottenuta a colpi di rete. E non ci ha creduto solo chi fa parte del movimento, se alle ultime elezioni berlinesi il Piraten partei ha ottenuto un lusinghiero 8,9% dei consensi. Che cosa faranno ora? Ce lo ha raccontato il loro leader Sebastian Nerz, presidente del partito.
Come pensate di coinvolgere la gran parte della popolazione fino ad ora esclusa dal vostro movimento?
«Il Partito Pirata non si fonda solo sulle problematiche relative alla rete, noi siamo un partito “social-liberale” per la difesa dei diritti civili. Ma noi tutti usiamo Internet e ci siamo resi conto che sta modificando il modo in cui comunichiamo, ci informiamo. E questo avrà effetti enormi sul modus operandi della politica. Ad esempio, non solo i politici possono rendere pubbliche le loro idee, ma la gente può dire cosa ne pensa. La possibilità di accesso alla rete sta diventando un vero e proprio diritto umano. Di conseguenza la “Netpolitics” è ormai un elemento imprescindibile all’interno delle rivendicazioni per i diritti civili. Il Partito Pirata ha già fatto sua una grande varietà di problematiche politiche (istruzione, ambiente, trasparenza delle istituzioni, antilobbismo, libera partecipazione alla vita politica) e stiamo già lavorando in altri campi come quello finanziario-economico e sulla politica estera».
Vi contestano la mancanza di una linea teorica di fondo: tra i vostri candidati c’è chi si rifà a Marx e chi simpatizza per la Cdu. Come credete di trovare una linea comune su tutte le tematiche?
«Noi siamo un partito liberale che focalizza la sua attenzione sui diritti civili. Naturalmente non è sempre facile trovare un compromesso, ma è possibile. E ciò permette di fare politica senza paraocchi. I partiti tradizionali sono sempre confinati all’interno dei limiti ristretti dei loro programmi. Noi possiamo creare nuove soluzioni, che possono sorgere solo nel confronto tra le diverse formazioni».
Nel 2010 è stato fondato a Bruxelles il Pirate Party International: quali sono le sue funzioni e i suoi obiettivi?
«Il PPI coordina il movimento pirata a livello internazionale. Aiuta i nuovi partiti nel processo di fondazione e favorisce la comunicazione tra le formazioni dei diversi Stati. È un grande vantaggio integrare anche discussioni internazionali, perché un buon numero di problematiche vanno per loro stessa natura al di là della dimensione nazionale: la discussione economica è diventata un tema mondiale, ad esempio, e il problema della sicurezza viene affrontato sempre più frequentemente a livello europeo. Lo scopo del PPI è semplicemente questo: aiutare nella cooperazione internazionale».
Ma intanto in Svezia si è già gridato all’esaurimento del movimento pirata: nelle elezioni per il Riksdagen non ha superato lo 0,65% dopo l’eccezionale 7% delle Europee.
«Nel 2009 il Partito Pirata balzò alla ribalta in diversi Paesi e ottenne un risultato eccezionale in Svezia. Ma a quel punto bisognava costruire nuove strutture. Non è facile. Questo processo ancora in corso - in aggiunta alla perdita dell’entusiasmo dato dalla novità - ha frenato i risultati elettorali. Io ho però la certezza che in Svezia si stia lavorando per il meglio e che, grazie agli sviluppi recenti - come il grande rilievo internazionale dato al nostro risultato - e alla maggiore diffusione di movimenti giovanili e antilobbisti, il movimento pirata rappresenterà un reale cambiamento».
Come avete intenzione di mantenere un filo diretto con i vostri elettori?
«Ascoltandoli e parlando con loro. Noi usiamo Internet per comunicare con la gente. Inoltre organizziamo riunioni di partito aperte: ognuno può partecipare o semplicemente assistere. Così è più semplice per la gente sapere in che modo stiamo agendo e partecipare al dibattito».
Secondo i giornali il vostro movimento ha sottratto una buona fetta di voti al Die Grünen (Verdi). Avete intenzione di cavalcare anche l’onda dell’ecologismo?
«In realtà molti dei nostri elettori in precedenza si erano astenuti o votavano per la prima volta. Ma certamente il nostro programma abbraccia anche tematiche “verdi”. Abbiamo messo in rilievo soprattutto la necessità di un rapporto sostenibile con l’ambiente, con particolare attenzione ai problemi di politica energetica».
Anche in Italia è stato fondato, nel 2008, il Partito Pirata, ma fino ad ora non ha trovato grandi spazi. Come giudicate la situazione politica della nostra penisola? Potrebbe anche qui avere successo un partito come il vostro?
«Guardando dall’esterno, criticherei soprattutto il legame fortissimo tra politica e media. Ovviamente è possibile che un Partito Pirata trovi spazio in Italia, perché i nostri fondamenti - diritti civili, partecipazione politica, istituzioni aperte e trasparenti, istruzione - sono validi e attuali in Italia quanto in Germania».
Il vostro successo mostra come le nuove generazioni possano cambiare la situazione. Ma i giovani ne sono coscienti?
«Certamente. Si dice sempre che le nuove generazioni non sono interessate alla politica, ma questo è falso. La gente - non solo i giovani - è frustrata per la mancanza di un contatto diretto con la politica. Cerca un rapporto aperto e onesto, in modo che sia data a tutti la possibilità di essere ascoltati. Credo che le persone si stiano rendendo sempre più conto del loro potere e delle enormi potenzialità che la rete fornisce.
Ognuno di noi - non solo i giovani - ha la possibilità di cambiare la situazione. Se vuoi migliorare il mondo, esci fuori e fallo!».
Come pensate di coinvolgere la gran parte della popolazione fino ad ora esclusa dal vostro movimento?
«Il Partito Pirata non si fonda solo sulle problematiche relative alla rete, noi siamo un partito “social-liberale” per la difesa dei diritti civili. Ma noi tutti usiamo Internet e ci siamo resi conto che sta modificando il modo in cui comunichiamo, ci informiamo. E questo avrà effetti enormi sul modus operandi della politica. Ad esempio, non solo i politici possono rendere pubbliche le loro idee, ma la gente può dire cosa ne pensa. La possibilità di accesso alla rete sta diventando un vero e proprio diritto umano. Di conseguenza la “Netpolitics” è ormai un elemento imprescindibile all’interno delle rivendicazioni per i diritti civili. Il Partito Pirata ha già fatto sua una grande varietà di problematiche politiche (istruzione, ambiente, trasparenza delle istituzioni, antilobbismo, libera partecipazione alla vita politica) e stiamo già lavorando in altri campi come quello finanziario-economico e sulla politica estera».
Vi contestano la mancanza di una linea teorica di fondo: tra i vostri candidati c’è chi si rifà a Marx e chi simpatizza per la Cdu. Come credete di trovare una linea comune su tutte le tematiche?
«Noi siamo un partito liberale che focalizza la sua attenzione sui diritti civili. Naturalmente non è sempre facile trovare un compromesso, ma è possibile. E ciò permette di fare politica senza paraocchi. I partiti tradizionali sono sempre confinati all’interno dei limiti ristretti dei loro programmi. Noi possiamo creare nuove soluzioni, che possono sorgere solo nel confronto tra le diverse formazioni».
Nel 2010 è stato fondato a Bruxelles il Pirate Party International: quali sono le sue funzioni e i suoi obiettivi?
«Il PPI coordina il movimento pirata a livello internazionale. Aiuta i nuovi partiti nel processo di fondazione e favorisce la comunicazione tra le formazioni dei diversi Stati. È un grande vantaggio integrare anche discussioni internazionali, perché un buon numero di problematiche vanno per loro stessa natura al di là della dimensione nazionale: la discussione economica è diventata un tema mondiale, ad esempio, e il problema della sicurezza viene affrontato sempre più frequentemente a livello europeo. Lo scopo del PPI è semplicemente questo: aiutare nella cooperazione internazionale».
Ma intanto in Svezia si è già gridato all’esaurimento del movimento pirata: nelle elezioni per il Riksdagen non ha superato lo 0,65% dopo l’eccezionale 7% delle Europee.
«Nel 2009 il Partito Pirata balzò alla ribalta in diversi Paesi e ottenne un risultato eccezionale in Svezia. Ma a quel punto bisognava costruire nuove strutture. Non è facile. Questo processo ancora in corso - in aggiunta alla perdita dell’entusiasmo dato dalla novità - ha frenato i risultati elettorali. Io ho però la certezza che in Svezia si stia lavorando per il meglio e che, grazie agli sviluppi recenti - come il grande rilievo internazionale dato al nostro risultato - e alla maggiore diffusione di movimenti giovanili e antilobbisti, il movimento pirata rappresenterà un reale cambiamento».
Come avete intenzione di mantenere un filo diretto con i vostri elettori?
«Ascoltandoli e parlando con loro. Noi usiamo Internet per comunicare con la gente. Inoltre organizziamo riunioni di partito aperte: ognuno può partecipare o semplicemente assistere. Così è più semplice per la gente sapere in che modo stiamo agendo e partecipare al dibattito».
Secondo i giornali il vostro movimento ha sottratto una buona fetta di voti al Die Grünen (Verdi). Avete intenzione di cavalcare anche l’onda dell’ecologismo?
«In realtà molti dei nostri elettori in precedenza si erano astenuti o votavano per la prima volta. Ma certamente il nostro programma abbraccia anche tematiche “verdi”. Abbiamo messo in rilievo soprattutto la necessità di un rapporto sostenibile con l’ambiente, con particolare attenzione ai problemi di politica energetica».
Anche in Italia è stato fondato, nel 2008, il Partito Pirata, ma fino ad ora non ha trovato grandi spazi. Come giudicate la situazione politica della nostra penisola? Potrebbe anche qui avere successo un partito come il vostro?
«Guardando dall’esterno, criticherei soprattutto il legame fortissimo tra politica e media. Ovviamente è possibile che un Partito Pirata trovi spazio in Italia, perché i nostri fondamenti - diritti civili, partecipazione politica, istituzioni aperte e trasparenti, istruzione - sono validi e attuali in Italia quanto in Germania».
Il vostro successo mostra come le nuove generazioni possano cambiare la situazione. Ma i giovani ne sono coscienti?
«Certamente. Si dice sempre che le nuove generazioni non sono interessate alla politica, ma questo è falso. La gente - non solo i giovani - è frustrata per la mancanza di un contatto diretto con la politica. Cerca un rapporto aperto e onesto, in modo che sia data a tutti la possibilità di essere ascoltati. Credo che le persone si stiano rendendo sempre più conto del loro potere e delle enormi potenzialità che la rete fornisce.
Ognuno di noi - non solo i giovani - ha la possibilità di cambiare la situazione. Se vuoi migliorare il mondo, esci fuori e fallo!».