Qui Italia. Dai nostri “indignati speciali” nella Capitale
“Ridateci l’istruzione, non siamo marionette!”
Dai nostri “indignati speciali” nella Capitale
Federico Sbandi, 21 anni e Eleonora Zocca, 17 anni | 7 novembre 2011
«Si spera che questa manifestazione abbia buon fine perché oggi siamo molti di più però sinceramente penso che finirà come tutte le altre». Quanto mai profetiche sono state le parole di Balel, 16 anni, studente liceale romano di origine algerine. Il 15 ottobre 2011 è stata una di quelle giornate che resterà per sempre impressa nella memoria di chi l’ha vissuta e di chi ne ha potuto seguire l’evoluzione tramite i media. La giornata di protesta internazionale, che coinvolgeva più di 950 città in 82 Paesi di tutto il mondo, doveva trovare nella capitale italiana la più imponente versione nostrana della manifestazione degli Indignados, esattamente 6 mesi dopo l’occupazione della Puerta del Sol madrilena. Per una singolare coincidenza, proprio in quello stesso giorno, 14 anni prima, veniva assassinato il più giovane e povero presidente del Burkina Faso della storia: Thomas Sankara. Egli riuscì a rivoluzionare pacificamente il suo Paese fornendo acqua, cibo, diritti e cultura alla sua popolazione, conducendo in prima persona una vita parca e senza alcuno sfarzo. Emblematico fu il suo rifiuto ad accettare un prestito, in quanto ritenuto inutile, dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, due dei principali organi economici contro cui protesta il popolo indignato. Divieto di utilizzazione di fondi pubblici per la ricapitalizzazione delle banche, riduzione dei privilegi della classe politica, riduzione delle spese militari, formazione universitaria accessibile a tutti sono tra i punti salienti del programma degli indignati made in Italy o, come goliardicamente si sono definiti all’interno della folla, degli “incazzados” perché, ha sottolineato la caparbia Silvia, «in Italia essere indignati non basta». Obiettivi stabiliti e concordati non da un capo, ma da semplici coordinatori di piazza: cittadini come tutti gli altri, senza alcun tipo di potere e armati solo di tanta buona volontà. Donne, uomini. Giovani, anziani. Chi con il posto fisso, chi precario. Delusi dalla “solita” democrazia, arrabbiati con la politica, sconvolti dall’economia. Gli indignati italiani non conoscono distinzioni di sesso, di età, di colore: non hanno un leader, ma hanno scopi comuni. L’Italian Revolution - Democrazia Reale Ora è il loro movimento ufficiale nazionale. A rendere l’evento più vivo hanno sicuramente contribuito gli studenti più giovani, con creatività e ironia. Nella maggioranza dei casi ci hanno spiegato di essere scesi in piazza principalmente per difendere la causa a loro più vicina: l’istruzione, messa troppo spesso in secondo piano in un Paese come l’Italia, come concorda una studentessa del liceo Newton di Roma: «Ci stanno levando l’istruzione e la cultura da sotto il naso, non ci danno i soldi per ristrutturare le scuole. Vogliono marionette, non persone pensanti!». E Ludovica, 18 anni: «Rischiamo di restare precari fino ad 80 anni perché non abbiamo un futuro!».
La manifestazione del 15 ottobre, prendendo spunto dal democraticismo tipico di Internet che le ha dato vita, avrebbe dovuto essere pacifica, ma, come è noto, l’intento non è stato raggiunto, per colpa di una frangia di infiltrati. E la storia dei mass media insegna, purtroppo, come episodi di assoluta brutalità e inciviltà monopolizzino l’attenzione di qualunque manifestazione, a prescindere dalle buone intenzioni di partenza. Il mondo politico-economico ha spesso più convenienza a condannare la violenza che a rispondere direttamente delle questioni sollevate dalla piazza. Per questo facinorosi armati, corazzati, organizzati e affamati di distruzione fungono da perfetto deterrente per distogliere l’attenzione dalle vere problematiche. Talvolta sorge il sospetto che vi possano essere infiltrati incaricati di mettere a ferro e fuoco la città per dare modo alle telecamere di tutto il mondo di inquadrare la follia dei vandali e non l’ordinata sfilata dei manifestanti. Così, anche questa volta il messaggio della manifestazione si è perso nel caos. Nelle città di Bologna e Milano alcuni pre-cortei avevano avuto un epilogo simile ma non così drammatico. Al grido di “Vi siete mangiati tutto, ora mangiamo noi” aveva invece avuto particolare successo, quantomeno simbolico e pacifico, la “spaghettata” organizzata dagli indignados partenopei davanti alla sede del Monte dei Paschi. Ma gli indignati italiani non demordono, guardano al futuro e cercano di perseguire quelli che erano gli obiettivi iniziali. Emblematico lo sfogo di due giovani liceali manifestanti: «Ci sono in ballo moltissime proposte e qualcuna sicuramente non verrà ascoltata. Siamo in tanti e pur avendo obiettivi diversi, abbiamo un unico grande scopo: migliorare la situazione attuale, perché non sopportiamo più di vivere in un mondo in cui chi ruba di più vive meglio». Loro sono il 99%: l’1% è avvisato.