Referendum 2011
Le ragioni del sì
Tra emendamenti e false partenze, ecco perché è importante votare affermativamente al referendum abrogativo del 12 e 13 giugno
Chiara Falcone | 1 giugno 2011
C’è chi dice che abbiano provato a boicottarla, chi ottimisticamente prevede grande affluenza, sta di fatto che la tornata referendaria del 12 e 13 giugno 2011 rischia di essere messa a dura prova dopo l’(in)attesa marcia indietro del Governo sul nucleare.
Ma cominciamo dall’inizio di questa storia: il 6 agosto 2008 viene convertito in legge un lungo decreto su vari ambiti di intervento; fra questi, anche la strategia energetica nazionale, in una parola, il tanto sbandierato ritorno al nucleare, che prevede la costruzione di centrali di quarta generazione su tutto il territorio nazionale.
La risposta non si fa attendere: le associazioni ambientaliste e l’Italia dei Valori promuovono un referendum abrogativo per eliminare l’articolo di questa legge relativo al nucleare. Proposta accolta.
Nel frattempo i quesiti referendari diventano quattro: uno sul nucleare, appunto; due relativi all’acqua, per abrogare la legge che di fatto mette nelle mani dei privati la gestione dei servizi idrici; infine uno sul legittimo impedimento, che permette al Presidente del Consiglio di non comparire in un processo se “legittimamente impedito” dall’adempiere alle sue funzioni istituzionali. Un po’ come se voi bigiaste scuola (o faceste filone, o sega, come preferite) e aveste una giustificazione bella e pronta di mamma e papà.
E adesso comincia la commedia.
Primo atto. Il referendum viene fissato per il 12 e 13 giugno: si evita come la peste di farlo coincidere con le elezioni amministrative di maggio - cosa che avrebbe fatto risparmiare non pochi soldi pubblici - occasione in cui l’affluenza serve ben di più ai registi della nostra commedia. L’intenzione è quindi sempre la stessa, puntare sulla scarsa affluenza alle urne: pensate che dal 1997 nessuna tornata referendaria ha raggiunto il quorum (potremmo riflettere sull’apparente indolenza dei cittadini, ma questa è un’altra storia). Com’è noto, infatti, il referendum è valido solo se raggiunge il 50% più uno dei voti, a prescindere dall’esito.
Secondo atto. Come in ogni commedia che si rispetti, ecco l’imprevisto. Il devastante terremoto in Giappone dell’11 marzo riporta violentemente agli onori della cronaca le terribili conseguenze della radioattività. Un sondaggio IPSOS rivela che le coscienze italiane si sono risvegliate, dato che più del 70% degli intervistati dichiara di essere contrario al nucleare.
Terzo atto. Ed ecco il vero coup de theatre: il 20 aprile il Senato approva un emendamento che blocca la costruzione delle nuove centrali nucleari in Italia, in totale contrasto con la politica energetica approvata in precedenza. Questo, secondo il Governo, per acquisire ulteriori evidenze scientifiche e tenere conto delle indicazioni UE. Di fatto sembra vanificato il quesito del referendum sul nucleare, dal momento che l’articolo di legge oggetto dell’emendamento è proprio quello inserito nel quesito.
Risultato? Eliminato il “problema” che avrebbe spinto i cittadini al voto sull’onda di panico causata da Fukushima, il non raggiungimento del quorum è di nuovo un obiettivo più semplice.
Peccato che l’emendamento in questione congeli il tema del nucleare, non lo elimini per sempre, come ha dichiarato lo stesso Premier Silvio Berlusconi sul (suo) “Giornale”: «Se fossimo andati oggi a quel referendum il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. La moratoria è per far sì che dopo un anno o due si possa tornare a discuterne con un'opinione pubblica consapevole e non influenzata da Fukushima. Siamo convinti che il nucleare sia il futuro».
Epilogo. Tutto da scrivere, naturalmente. E la penna (o la matita, in questo caso) è in mano a noi cittadini. A prescindere dalla pronuncia della Corte di Cassazione, che valuterà se cancellare o meno il quesito referendario sul nucleare (decisione che sarà presa quando questo numero è già in stampa), il voto è quindi importante. Importante prima di tutto perché un diritto, uno strumento di democrazia diretta. Importante perché l’atomo non è l’unica via possibile fra le energie rinnovabili, e le eventuali conseguenze di una fuoriuscita radioattiva sono disastrose per l’uomo.
Importante perché si rischia di rendere privato ciò che è per sua natura pubblico, come l’acqua: un bene di prima necessità non può e non deve sottendere alle logiche di mercato.
Importante, infine, perché è giusto che chi governa il nostro paese svolga al meglio tutte le funzioni che è chiamato ad assolvere, ma fondamentale è che chi è alla guida sia al di sopra di ogni sospetto: la legge deve essere uguale per tutti, e non più uguale per alcuni.
Ma cominciamo dall’inizio di questa storia: il 6 agosto 2008 viene convertito in legge un lungo decreto su vari ambiti di intervento; fra questi, anche la strategia energetica nazionale, in una parola, il tanto sbandierato ritorno al nucleare, che prevede la costruzione di centrali di quarta generazione su tutto il territorio nazionale.
La risposta non si fa attendere: le associazioni ambientaliste e l’Italia dei Valori promuovono un referendum abrogativo per eliminare l’articolo di questa legge relativo al nucleare. Proposta accolta.
Nel frattempo i quesiti referendari diventano quattro: uno sul nucleare, appunto; due relativi all’acqua, per abrogare la legge che di fatto mette nelle mani dei privati la gestione dei servizi idrici; infine uno sul legittimo impedimento, che permette al Presidente del Consiglio di non comparire in un processo se “legittimamente impedito” dall’adempiere alle sue funzioni istituzionali. Un po’ come se voi bigiaste scuola (o faceste filone, o sega, come preferite) e aveste una giustificazione bella e pronta di mamma e papà.
E adesso comincia la commedia.
Primo atto. Il referendum viene fissato per il 12 e 13 giugno: si evita come la peste di farlo coincidere con le elezioni amministrative di maggio - cosa che avrebbe fatto risparmiare non pochi soldi pubblici - occasione in cui l’affluenza serve ben di più ai registi della nostra commedia. L’intenzione è quindi sempre la stessa, puntare sulla scarsa affluenza alle urne: pensate che dal 1997 nessuna tornata referendaria ha raggiunto il quorum (potremmo riflettere sull’apparente indolenza dei cittadini, ma questa è un’altra storia). Com’è noto, infatti, il referendum è valido solo se raggiunge il 50% più uno dei voti, a prescindere dall’esito.
Secondo atto. Come in ogni commedia che si rispetti, ecco l’imprevisto. Il devastante terremoto in Giappone dell’11 marzo riporta violentemente agli onori della cronaca le terribili conseguenze della radioattività. Un sondaggio IPSOS rivela che le coscienze italiane si sono risvegliate, dato che più del 70% degli intervistati dichiara di essere contrario al nucleare.
Terzo atto. Ed ecco il vero coup de theatre: il 20 aprile il Senato approva un emendamento che blocca la costruzione delle nuove centrali nucleari in Italia, in totale contrasto con la politica energetica approvata in precedenza. Questo, secondo il Governo, per acquisire ulteriori evidenze scientifiche e tenere conto delle indicazioni UE. Di fatto sembra vanificato il quesito del referendum sul nucleare, dal momento che l’articolo di legge oggetto dell’emendamento è proprio quello inserito nel quesito.
Risultato? Eliminato il “problema” che avrebbe spinto i cittadini al voto sull’onda di panico causata da Fukushima, il non raggiungimento del quorum è di nuovo un obiettivo più semplice.
Peccato che l’emendamento in questione congeli il tema del nucleare, non lo elimini per sempre, come ha dichiarato lo stesso Premier Silvio Berlusconi sul (suo) “Giornale”: «Se fossimo andati oggi a quel referendum il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. La moratoria è per far sì che dopo un anno o due si possa tornare a discuterne con un'opinione pubblica consapevole e non influenzata da Fukushima. Siamo convinti che il nucleare sia il futuro».
Epilogo. Tutto da scrivere, naturalmente. E la penna (o la matita, in questo caso) è in mano a noi cittadini. A prescindere dalla pronuncia della Corte di Cassazione, che valuterà se cancellare o meno il quesito referendario sul nucleare (decisione che sarà presa quando questo numero è già in stampa), il voto è quindi importante. Importante prima di tutto perché un diritto, uno strumento di democrazia diretta. Importante perché l’atomo non è l’unica via possibile fra le energie rinnovabili, e le eventuali conseguenze di una fuoriuscita radioattiva sono disastrose per l’uomo.
Importante perché si rischia di rendere privato ciò che è per sua natura pubblico, come l’acqua: un bene di prima necessità non può e non deve sottendere alle logiche di mercato.
Importante, infine, perché è giusto che chi governa il nostro paese svolga al meglio tutte le funzioni che è chiamato ad assolvere, ma fondamentale è che chi è alla guida sia al di sopra di ogni sospetto: la legge deve essere uguale per tutti, e non più uguale per alcuni.