Il 4 maggio del 2016 la Commissione europea presenta una proposta di riforma del sistema di accoglienza, volta a introdurre un meccanismo di distribuzione delle domande di asilo tra gli Stati membri più equo, più efficiente e più sostenibile. In soldoni: se un paese accoglie un numero di migranti superiore alla quota di riferimento, tutti i nuovi richiedenti asilo nel territorio in questione vengono ricollocati in tutta l’UE finché il numero di domande non torna a una percentuale corretta. Tra le varie norme - elencate qui - spunta anche la possibilità per gli Stati membri di non partecipare temporaneamente al ricollocamento, se disposti però a versare un contributo di solidarietà pari a €250.000 nelle casse dello Stato membro in cui è ricollocato il richiedente.
Il Parlamento europeo riceve la proposta della Commissione e, nel novembre 2017, la modifica approvando una posizione netta, che supera il criterio del Paese di primo arrivo - tra le principali falle del Regolamento di Dublino - imponendo un meccanismo permanente e automatico di ricollocazione. Fra i 175 europarlamentari che hanno votato No spiccano soprattutto quelli del Movimento 5 Stelle, l’unico partito italiano che ha dato indicazione di votare contro (la Lega Nord si è astenuta) nonostante le pesanti critiche mosse al regolamento stesso nei mesi precedenti.
La questione dell'immigrazione continua a dividere l'Unione così come a segnare la vita politica nazionale di tutti i paesi. Da mesi, ormai, la riforma della Convenzione di Dublino - in auge dal 1990 - è osteggiata da numerosi paesi, soprattutto dell'Est Europa, radicalmente contrari al ricollocamento di rifugiati. Tra gli oppositori figura anche l'Italia, attualmente capitanata sul tema immigrazione dal ministro degli Interni Matteo Salvini, europarlamentare per due mandati (dal 2004 al 2006 e dal 2009 al 2018). La linea del governo gialloverde, di estrema importanza nella scala delle proprie priorità, resta di estrema critica all'Unione Europea. Ieri Luigi Di Maio, leader pentastellato e ministro del Lavoro, ha minacciato di non versare i contributi all'Ue - sbagliandone l'importo - in caso di mancate riforme. ll panorama politico, dopo tre mesi di governo e il sequestro della nave Diciotti, appare più che mai caotico.