Al netto dei mal di pancia di Bale e CR7, che potrebbero essere al passo d'addio dopo aver dominato per un decennio il panorama calcistico mondiale, segnando valanghe di gol e rendendosi protagonisti di gioielli come la rovesciata con cui Ronaldo ha eliminato la Juve ad aprile o quella con cui Bale ha indirizzato, sabato sera, la coppa dalle grandi orecchie verso Madrid, il Real si conferma un portento. E Zizou il suo degno interprete: un allenatore moderno, tatticamente ineccepibile, poco spagnolo nel suo pragmatismo e nel suo prediligere il risultato allo spettacolo ma semplicemente perfetto nel tenere a bada un ambiente da sempre turbolento. Quando arrivò alla casa blanca lo scetticismo era d'obbligo e anche piuttosto diffuso: quasi nessuno credeva, infatti, che un tecnico esordiente potesse riuscire nell'impresa di compattare uno spogliatoio che in quel momento era letteralmente in frantumi. E invece Zizou, sei mesi dopo, alzava al cielo la prima delle sue tre Champions consecutive, dopo quella vinta da giocatore nel 2002, con un gol decisivo in finale che non ha nulla da invidiare al capolavoro di Bale, e dopo essere stato il secondo di Ancelotti durante la rocambolesca conquista della decima nel 2014.
Zidane e il suo gioco concreto, efficacissimo: un misto di strategia e tecnica sopraffina che risente in positivo delle due esperienze della sua vita sportiva, quella alla Juve e quella al Real, in un mix di perfezionismo e spensieratezza, talento e quella giusta dose di cinismo che, al dunque, fa la differenza.
Sabato sera, per dire, il Liverpool è stato pressoché perfetto per un'ora, solo che, perso Salah per infortunio, aveva dei buonissimi giocatori, una guida solida in panchina ma scarsa esperienza a quei livelli. E soprattutto non poteva permettersi di tirar fuori Isco per fare entrare Bale, ossia il protagonista assoluto della serata, l'eroe autore di una doppietta che, complici gli errori del povero Karius, ha contribuito all'ennesimo trionfo del Madrid e all'onorevole sconfitta dei Reds.
Forse il prossimo anno non ci sarà più neanche Benzema, autore della doppietta nel ritorno al Bernabéu contro il Bayern Monaco e del primo, clamoroso gol in quel di Kiev. Forse è finito un ciclo e non c'è dubbio che nessuno potrebbe accusare Zidane di essere scarso se il prossimo anno non dovesse riuscire a vincere la sua quarta coppa consecutiva, dopo aver dominato in lungo e in largo per tre anni di fila. Forse, al loro posto, ci saranno Lewandovski e Neymar e ricomincerà una nuova sfida, all'insegna della classe, della meraviglia, delle giocate spettacolari e delle vittorie, che da quelle parti non mancheranno mai.
Quanto al Liverpool, si è battuto con dignità fino alla fine, trovando anche il momentaneo pareggio con Sadio Mané.
Madrid si conferma la capitale del calcio europeo, con due compagini sul tetto delle rispettive competizioni e una sfida che si rinnova nel tempo, all'insegna della passione, dell'entusiasmo e di un gioco che ha reso la Spagna la regina dell'ultimo decennio, con ottime possibilità di arrivare in fondo anche ai Mondiali di Russia.
Teniamocele care queste furie iberiche, capaci di regalarci quel minimo di gioia, di poesia e di bellezza di cui avvertiamo più che mai il bisogno, soprattutto in questa stagione in cui il calcio, e non solo il calcio, in Italia lascia alquanto a desiderare.
P.S. Complimenti a Chris Froome, primo ciclista inglese a vincere il Giro d'Italia! Il nostro Paese gli ha mostrato stima e affetto e lui ha ricambiato alla grande i sentimenti di un popolo passionale e innamorato della bicicletta come pochi al mondo. Ne apprezziamo gli interpreti, protagonisti o gregari, italiani o stranieri, che siano. Froome ci è entrato nel cuore e da domenica sera il suo nome è scritto sul trofeo senza fine che è l'emblema della corsa rosa. Un qualcosa di infinito, una bella storia.