Ospite ai microfoni de La Giusta Frequenza, Marco Rossi Doria, Presidente di Con i bambini, società senza scopo di lucro costituita per attuare i programmi del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, commenta il mancato rinnovo, nella legge di bilancio del 2025, proprio di tale fondo, introdotto nel 2016 dal governo Renzi.
Perché secondo lei c'è stato questo stop da parte del governo?
Perché probabilmente c'è stata una nuova restrizione a partire da quest'anno di tutto il bilancio dello Stato. Siamo rientrati, seppur in forma mitigata, nei parametri di Maastricht, e quindi per molte risorse in uscita vi è stato un particolare rigore. Questo non significa che non possa essere reiterato il fondo in un'altra occasione: con gli accordi dei ministeri a bilancio dato, può darsi che siano in atto delle esplorazioni in questo senso. Io penso che il motivo non sia necessariamente una scelta politica di questo o quel governo, bensì una situazione relativa al presidio dei conti pubblici, e che una volta passata la legge di stabilità, negoziata con l'Europa, si possa ritornare su questo tema o almeno questo è l'auspicio.
Cosa andrà pragmaticamente a significare il mancato rinnovo del fondo per i progetti finanziati da esso e anche per i minori coinvolti? Con i bambini come reagirà a tale decisione?
Dal 2016 ad oggi sono stati raccolti circa 800 milioni di euro. Di questi sono stati già finanziati quasi 500 milioni e il finanziamento è completo fino all'ultimo giorno di lavoro di tutti i progetti in essere. Quindi chi sta operando con i ragazzi in povertà educativa in giro per l'Italia ha la garanzia totale di avere il lavoro pagato fino alla fine del progetto, anche dovesse finire tra quattro anni. Inoltre c'è una riserva che consente di fare altri bandi e progettazioni. Il tema non è quindi nè l'oggi, né il domani, il tema è il dopodomani. Perché o si crede che la povertà è un fatto minoritario, oppure si accetta l'evidenza che è un fatto, purtroppo, strutturale della società italiana, perché sul 9.400.000 minori tra povertà assoluta e povertà relativa, ne abbiamo tra un quarto e un terzo in povertà, e quindi si tratta di mantenere nel tempo una politica pubblica tale da contrastare questa povertà. Un paese che ha un terzo dei propri minori che sono poveri e imparano poco, è un paese che è zavorrato dal punto di vista dello sviluppo delle proprie risorse umane. Un paese si deve dotare di politiche di contrasto, e o si pensa che questa dotazione avvenga in maniera prettamente statalistica, oppure che esiste l'articolo 118 della costituzione, ovvero la sussidiarietà, e che quindi lo Stato lavora meglio se lavora in maniera sussidiaria insieme ad altre forze economiche, tra cui le banche e le imprese. Il modello di Con i bambini è un modello che ha sperimentato su larga scala, raggiungendo quasi 600.000 minori in giro per l'Italia povera, unendo le forze statali con un uso pubblico di risorse di natura privatistica per il bene comune. Questo è il modello che funziona bene e che suggerisce di mantenere il fondo.
Dalla recessione del 2008 l'Italia ha un posto fisso tra i paesi dell'Unione Europea che vanno a destinare la percentuale minore del proprio PIL all'istruzione. In base ad un'indagine del 2022 di Openpolis, rispetto ad una media del 4% e 7% di PILn speso in ambito educativo, l'Italia ha un budget di 4,1% per la scuola. Come commenta questi dati?
Con la constatazione che nella grande crisi finanziaria del 2008, l'Italia, in assoluta controtendenza insieme ad altri paesi Ocse, anziché aumentare gli investimenti in istruzione e formazione l'ha tagliati per oltre 8 miliardi, e la politica nazionale sotto ogni governo non è riuscita a comprendere che abbiamo bisogno di istruzione e formazione innovate e integrate con gli altri interventi sociali nelle aree deboli. Oggi il tema è riprendersi con una doppia leva, sostenendo il welfare educativo di carattere legato alle pubbliche amministrazioni, sia sostenerlo attraverso un'azione più flessibile capace di attirare altri capitali e di creare meccanismi fiscali nuovi, quali il credito d'imposta, in maniera che vi sia anche una flessibilità degli interventi tale per cui le agenzie del terzo settore possano lavorare a braccetto con le agenzie della pubblica amministrazione: le scuole lavorando insieme al terzo settore e insieme ai comuni, riuniti quindi tutti insieme nei nostri progetti, dimostrano che si possono raggiungere i ragazzi più irraggiungibili e che si può prospettare una via d'uscita per chi è in povertà educativa.
Di fronte a queste decisioni il Terzo settore come può difendersi e non dipendere totalmente dalle politiche di governo?
Il Terzo settore in buona parte lo fa stando nel governo del Fondo, facendo parte dei processi decisionali, e questo vale anche quando il Terzo settore coprogetta a livello di comuni ed enti locali. Abbiamo esempi promettenti anche in questo momento: recentemente il Ministero del lavoro ha fatto delle iniziative con fondi pubblici accordandosi con gli enti del Terzo settore e con gli ambiti sociali che uniscono i diversi comuni. C'è una prospettiva in questo senso nel momento in cui il Terzo settore da una parte attua i programmi e i progetti dedicati alla coesione sociale e al riscatto educativo e al contempo però si prende la responsabilità di assumere decisioni pubbliche a tutti i livelli. Questa è la via.