"Molti sapevano, ma nessuno si è mosso”, queste le parole del Vescovo di Aversa durante le proteste del 19 novembre 2013 contro l’inquinamento ambientale provocato dalla camorra.
La Terra dei fuochi è un’area a cavallo tra la provincia di Caserta e Napoli inquinata da rifiuti tossici scaricati dagli anni '80 in poi ad opera della camorra. L’inquinamento è dovuto alla nascita di discariche abusive che permettevano di smaltire grandi quantità di rifiuti tossici a basso prezzo. Tra i principali protagonisti dell’inquinamento ambientale troviamo il clan dei Casalesi, fondato negli anni ‘50 da Antonio Bardellino tra Aversa e Casal di Principe. Il clan iniziò ad interessarsi a questo business grazie alla domanda di smaltimento di rifiuti speciali sempre maggiore delle grandi fabbriche. È proprio questo il fenomeno che in poco tempo ha permesso ai Casalesi di costruire un vero e proprio impero economico.
L’attività criminale ha causato danni enormi all’ambiente, con conseguenze gravi anche sulle persone che per anni si sono cibate di alimenti contaminati. Diversi studi, come quello dell’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, hanno dimostrato che uomini e donne residenti vicino alle discariche abusive hanno più probabilità di contrarre malattie gravi e possiedono una prospettiva di vita nettamente inferiore alla media italiana.
Il poliziotto Roberto Mancini fu uno dei primi a denunciare questa situazione: già negli anni ‘90 aveva condotto indagini sulla Terra dei fuochi con appostamenti, pedinamenti e sequestri. Nel 2002 a Mancini venne diagnosticato il cancro, probabilmente a causa della sua presenza prolungata nei luoghi oggetto di indagine, a causa del quale morì nel 2014. Il dossier prodotto dalla sua squadra venne preso in considerazione solo nel 2011.