Il 7 dicembre 2017 è una data storica per l’Italia: in questa data l’Unesco ha proclamato la pizza, o meglio, l’arte dei pizzaiuoli napoletani, Patrimonio mondiale dell’Umanità. È noto a tutti come la pizza rappresenti l’Italia in tutto il mondo: ogni giorno solo nel nostro Paese si sfornano circa 5 milioni di pizze, mentre sono 5 i miliardi quelle vendute in tutto il mondo (fonte dati CNA).
Ma qual è l’origine di un alimento così amato nel mondo? La pizza nasce nel 1889, quando il cuoco napoletano Raffaele Esposito fu convocato dalla Regina Margherita per preparare le sue famose pizze. Il pizzaiolo preparò allora una classica pizza in suo onore con pomodoro, mozzarella e basilico, che rappresentavano i colori della bandiera italiana. Nasce così la pizza e il suo riconoscimento Unesco è stato importante anche per difenderla da un tentativo di furto da parte degli Stati Uniti, dopo l’annuncio di questi ultimi di voler candidare la pizza american style.
Gli americani risultano i maggiori consumatori di pizza superando gli italiani (maggiori consumatori in Europa) e ciò che non tutti sanno è che la pizza che conosciamo oggi è nata proprio in America dagli italo-americani. «É vero che la pizza è nata a Napoli, ma fino alle migrazioni italiane negli Stati Uniti si conosceva solo una pizza bianca ricca di aglio e olio», ha dichiarato il docente di storia dell’alimentazione Alberto Grandi intervistato in un podcast di Spotify del marzo 2022, che conferma il cosiddetto “pizza effect” collegato alle migrazioni.
Dunque, è in America dove la tradizione della pizza italiana si è formata e dove sono nate diverse sue varianti, come la pizza New York Style e la pizza hawaiana, il grande nemico della tradizione. In particolare, la pizza all’ananas nasce in Canada inventata dal cuoco greco Panopoulos negli anni ‘60 ed è conosciuta in tutto il mondo ma, nonostante la sua grande popolarità, è una pizza molto controversa: non solo sul web, dove è in corso una vera e propria guerra virtuale tra chi la ama e chi la odia, ma anche tra gli esperti del settore le opinioni sono molto contrastanti.
Se da un lato il miglior pizzaiolo italiano al mondo Franco Pepe ha deciso di sdoganare il tabù della pizza hawaiana, attraverso la geniale creazione della pizza “AnaNascosta”, dove le fette di ananas sono avvolte nel prosciutto crudo di San Daniele, dall’altro secondo il grande chef internazionale Gordon Ramsey “pineapple doesn’t belong on pizza” in quanto si tratta di una vera e propria tragedia italiana.
Sulla stessa linea d’onda sono i napoletani, più accaniti e feroci difensori della pizza tradizionale, secondo i quali aggiungere un frutto tropicale ad un piatto tipicamente italiano è un vero sacrilegio e la pizza all’ananas dovrebbe essere vietata. Non solo a Napoli, ma nel resto d’Italia è diffuso il grande odio nei confronti della pizza hawaiana: lo stereotipo dell’italiano che reagisce in maniera estrema di fronte alla profanazione dei piatti legati alla tradizione ci caratterizza in tutto il mondo.
Si tratta infatti della mentalità del nostro Paese che, essendo legato alla lunga tradizione che si porta alle spalle, ci vieta di sperimentare nuovi sapori e di allargare il proprio orizzonte alle culture degli altri paesi, dove la pizza e le sue varianti (tra cui quelle all’ananas) sono apprezzate da molte persone, talmente tanto da diventare patrimonio mondiale dell'umanità.
Gli italiani dovranno farsene dunque una ragione del fatto che tutte le sue controverse e insolite varianti abbiano contribuito, insieme alla tradizione, al riconoscimento a livello mondiale della tanto amata pizza.