Cortei, occupazioni e proteste: noi studenti siamo tornati a scendere in piazza per far sentire la nostra voce contro l’alternanza scuola lavoro (ora PCTO) e contro la reintroduzione della seconda prova di maturità. L’episodio scatenante è stata la tragica morte di due studenti durante degli stage scolastici: uno ha perso la vita colpito da una putrella di acciaio in un’azienda meccanica; l’altro in un incidente stradale durante un’uscita che, a detta dei familiari, non era prevista dal percorso scolastico. Ma le proteste sono state duramente represse da cariche di polizia, che hanno preso a manganellate gli studenti scesi in piazza, acuendo ancor di più la drammaticità delle proteste.
Il problema non è l’alternanza scuola lavoro in sé, che spesso ci dà l’occasione di fare esperienze e orientarci al mondo del lavoro. Il problema è l’alternanza scuola-lavoro concepita dalle aziende come forza lavoro gratuita e poco tutelata. In questo modo distrugge completamente ciò su cui si basa la scuola, che al posto di istruire e formare, ci catapulta in un ambiente che non ci appartiene e per il quale, appunto, siamo troppo poco preparati. Il compito principale della scuola superiore è quello di formarci ed è impensabile farlo limitandosi a parcheggiare i ragazzi presso un’azienda privata qualunque. La morte di Lorenzo è stata solamente la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché il sistema già da tempo scricchiolava e ora sta definitivamente cedendo. “Il problema non è l’alternanza scuola-lavoro. Noi non siamo contrari al suo svolgimento. Il vero problema è la modalità con cui essa viene svolta, che porta solo a un danneggiamento degli studenti e le ultime notizie ne sono solo l’ennesima conferma” ci spiegano gli studenti che abbiamo intervistato durante le proteste. “Dovrebbe essere produttivo, non distruttivo. In molti casi finisce per essere solo uno sfruttamento”. E ancora: “I pcto potrebbero essere un’ottima alternativa al regolare svolgimento delle lezioni, ma dovrebbe servire per aiutarci a trovare la nostra strada coerentemente con gli studi”. “Se fatto bene è utile per prepararti a quello che viene dopo la scuola, ma in molti casi non è così”.
I vertici della scuola non sembrano voler fare passi indietro, seppur riconoscano la gravità di quanto accaduto: “La sicurezza sul lavoro deve sempre essere garantita, a maggior ragione quando sono coinvolti dei ragazzi in formazione” ha dichiarato il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi in un intervento che appare rassicurante ma per il momento senza seguito: calma piatta, tutto tace, anche troppo, ma gli studenti non si sono mai arresi e ancora non hanno intenzione di farlo. La nostra generazione ha anche ottenuto l’appoggio di personaggi pubblici del calibro del cantante J-Ax, da anni una delle figure di spicco del panorama della musica italiana, che ha fatto sapere in un’intervista rilasciata a La Stampa di aver apprezzato l’intraprendenza dei ragazzi: “Dovremmo celebrare il coraggio e l’attivismo degli studenti, che nonostante abbiano passato gli ultimi due anni costretti nelle proprie camerette a studiare davanti a un computer, hanno scelto, anziché di pubblicare post e hashtag su tik tok, instagram e twitter, di fare qualcosa di concreto marciando nelle piazze” ha dichiarato il rapper di Milano. Le principali testate giornalistiche raccontano la nostra protesta senza conoscere fino in fondo cause e motivazioni. E per questo continuiamo ad alzare la voce e a chiedere l’intervento da parte dello Stato per modificare questa situazione: è assolutamente necessario e obbligatorio ripensare lo stage scolastico in ottica formativa e non di sfruttamento o lavoro poco tutelato.