Attraverso un progetto di ricerca biennale condotto in collaborazione con Fondazione ADAPT, la Fondazione Unipolis ha promosso lo studio di condizioni, strumenti e politiche in grado di concretizzare la prospettiva dello sviluppo della professionalità dei giovani nel lavoro fuori mercato. La ricerca è stata presentata oggi 9 Dicembre in diretta live su YouTube, Facebook e LinkedIn in un incontro che ha visto l’intervento di numerosi ospiti come l’assessore della regione Emilia Romagna, Vincenzo Colla e il policy officer della Commissione Europea, Andrea Glorioso.
L’obiettivo dell’indagine
Attraverso un'indagine empirica in tre regioni italiane con caratteristiche socio-economiche differenti (Lombardia, Emilia-Romagna e Sicilia), sono state analizzate le transizioni biografiche e lavorative di gruppi di giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, con particolare riferimento alle attività di lavoro senza mercato, al fine di mapparne la frequenza, le caratteristiche, gli esiti e individuare le condizioni che possono favorirne o ostacolarne la caratterizzazione. L’obiettivo principale è stato quello di analizzare come le numerose transizioni dei giovani possono essere valorizzate in quanto costituiscono e stabiliscono la loro identità professionale.
Come si è svolta
L’attenzione è stata rivolta principalmente alle aree grigie, fuori dal mercato del lavoro come il volontariato, il lavoro in nero, i tirocini curricolari e extra curricolari e il lavoro su piattaforma. È stata svolta su 6 focus Group che hanno prodotto 1177 risposte e il motore di tutto, l’elemento da cui si è partiti è stato un dato che ormai conosciamo; il tasso di disoccupazione per la categoria di giovani sopra citata è stato del 22% nel 2020.
I risultati
Quanto emerso dalla ricerca non è rassicurante. Il 35% dei ragazzi lavora o ha lavorato in nero che è anche la forma di “lavoro” più diffusa, rappresenta infatti 4 volte i contratti a tempo determinato e 7 volte quelli a tempo indeterminato; nel 2019 sono stati attivati più di 354 mila tirocini extra curricolari ma solo il 14% dei ragazzi è stato poi assunto dall’azienda ospitante; abbiamo poi l’apprendistato e la somministrazione con il primo che ha un tasso di permanenza più alto. Secondo gli intervistati, i tirocini conferiscono delle competenze soft ma comunque tecniche mentre delle migliorie sono da apportare alla figura del tutor formativo poiché considerato, dalla maggior parte, una personalità non importante. Dati favorevoli, invece, per il volontariato, quasi il 90%, infatti, lo considera un’occasione per sviluppare competenze utili per lo studio, la ricerca di un’occupazione e lo svolgimento del lavoro.
Possibili soluzioni
Cosa fare quindi per migliorare le cose? Innanzitutto è necessario un lavoro di prevenzione, favorire l’orientamento professionale e fare in modo che ci sia una corretta informazione sulla domanda dei mercati del lavoro locale; sono necessarie poi l’individuazione, la validazione e la certificazione delle competenze per contrastare gli abusi dell’utilizzo dei tirocini finanziati dalla garanzia giovani; infine è necessario costruire in ciascun istituto scolastico uffici di placement con progettisti che interloquiscano con il sistema imprenditoriale. Durante la diretta di questa mattina ha mandato un video-saluto anche il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi in cui ha sottolineato l’importanza di affiancare le attività scolastiche a quelle extra scolastiche e in particolare sviluppare attività lavorative rivolte alla solidarietà, che guardino agli altri per arricchire i giovani non solo dal punto di vista lavorativo ma anche da quello umano.