Calo dell'affluenza vs boom di firme ai referendum
Forse è giunto il momento di non utilizzare più la "disaffezione alla politica" come principale spiegazione della diserzione delle urne
Alex Lung | 15 novembre 2021

Non è servito attendere il ballottaggio per rendersi conto dei risvolti delle elezioni comunali 2021: in alcune delle città più importanti - Milano, Napoli e Bologna - il sindaco è stato eletto al primo turno, avendo già ottenuto oltre il 50% dei voti. Ma il dato più evidente è certamente un altro: l'affluenza alle urne è stata in calo, e di fatto il "partito dell'astensione" è il primo nelle preferenze degli italiani. Senza tenere in conto i dati dei ballottaggi, a Roma, nel 2016 votò il 57% degli aventi diritto; al primo turno delle amministrative si è recato alle urne appena il 48,8% degli aventi diritto. Calo evidente anche nelle altre principali città del voto: Milano passa dal 54,7% di affluenza al 47,7%, Napoli dal 54,1% al 47,2%, Torino dal 57,2% al 48% e Bologna dal 59,7% al 51,2%. La risposta più ovvia nello spiegare il perché di questa diserzione - quella a cui siamo più abituati - è che i cittadini sono ormai disinteressati alla politica e alla società, preferendo concentrarsi su quanto concerne loro direttamente. Ma è davvero così, o si tratta di un capro espiatorio costruito ad arte?

Disinteresse alla politica?

Difficile che il problema sia però la disaffezione alla politica, o quantomeno ai temi sociali che ne derivano. Gli italiani sono tutt'altro che disinteressati, e ciò è dimostrato dall'enorme partecipazione alla raccolta firme per i referendum su eutanasia legale e legalizzazione della cannabis. Entrambe le proposte hanno infatti raggiunto le 500 mila firme necessarie nell'arco di pochissimi giorni, e il dibattito intorno ad esse è stato molto caldo anche tra chi non le sosteneva. Non solo: negli scorsi anni i cittadini hanno riscoperto la piazza, scendendo a protestare per i diritti delle donne, la tutela dell'ambiente (i Fridays for Future, seguitissimi anche dai giovani), in opposizione alle destre (il fenomeno delle "Sardine") e contro quelle misure restrittive da pandemia considerate eccessive. Sembra quindi che i cittadini non si fidino dei loro rappresentanti, e che vogliano avere un rapporto più diretto con la politica, con le riforme e con il loro stesso futuro. Da un certo punto di vista si tratta di un bellissimo segnale, positivo e incoraggiante.

Sindrome da sfiducia da pandemia?

Le elezioni amministrative 2021 sono state il secondo appuntamento elettorale dall'inizio della pandemia, ma probabilmente il più significativo, in quanto ci troviamo un periodo di apparente fine della situazione più emergenziale. I cittadini che si sono recati alle urne possono aver utilizzato il loro voto per "trarre le somme", valutando quindi l'operato dei leader e delle formazioni politiche nell'affrontare la situazione pandemica. È ormai lontano il momento in cui gli amministratori toccavano punte anche del 60% di popolarità, come tipico delle emergenze, quando i cittadini convergono attorno a chi li guida. IPSOS ha infatti registrato che gli italiani sono sempre meno convinti dell'imminente fine del pericolo Covid, e il 49% degli intervistati si è detto preoccupato dei rischi economici successivi alla pandemia. I cittadini non sembrano essere quindi rassicurati dalle promesse e dai progetti messi in campo dai leader politici, e tale mancanza di fiducia può essersi tradotta in una diserzione delle urne.

Il rimedio?

Complesso immaginare una democrazia diretta in Italia, una delle repubbliche più chiaramente parlamentari del mondo; a cambiare dovrebbe essere piuttosto l'approccio della classe politica ai propri elettori. La cultura politica degli ultimi anni è ambiguamente caratterizzata dal desiderio dei politici di dimostrarsi "parte del popolo", spesso però giocando la parte degli "uomini forti" allo stesso tempo. Non c'è bisogno di superuomini che indichino la strada, ma piuttosto di veri rappresentanti che ascoltino. Dopotutto, discussioni su eutanasia legale e legalizzazione della cannabis sono richieste dai cittadini ormai da anni, ma l'unico modo per aprire un dibattito è stato con un'iniziativa popolare, vista l'indifferenza di buona parte della classe dirigente a riguardo.