Da decenni uno dei temi più importanti della politica è quello dei giovani. Cosa lasciare loro? Come supportarli? Come permettere loro di accedere agevolmente alla società e al lavoro? All'inverso, invece, i giovani sembrano essere sempre meno interessati alla politica.
Sempre meno giovani che si interessano
Le statistiche ISTAT sulla partecipazione politica del 2019 parlano chiaro: quasi l'80% dei ragazzi di età compresa tra i 14 e i 17 anni non si informa a riguardo; percentuale che scende di poco per quanto concerne le fasce 1819 e 20-24. Quella che cambia è invece la motivazione di questo disinteresse: andando avanti con le categorie d'età, è evidente che sempre più giovani non seguono la politica perché provano sfiducia nei confronti di chi la fa. Difficile spiegare questo fenomeno, ma non è da escludere che entrando a pieno contatto con la società e ottenendo il diritto di voto, i giovani elettori si scontrino con una realtà politica che di loro si dimentica appena le urne vengono chiuse. Ma ciò che è ancora più allarmante è che quasi la metà dei giovani tra i 14 e i 27 anni, e quasi il 30% degli under 25, non partecipa alla vita politica in generale: diserta manifestazioni e cortei, non firma petizioni, e soprattutto - chi può - non vota.
L'importanza della partecipazione giovanile
Non è certamente dalle generazioni più mature che ci si aspettano riforme, nuovi valori, apertura mentale e innovazione. Questo dovrebbe già bastare per comprendere quanto sia importante che i giovani partecipino alla società in modo attivo e costruttivo. E per fare ciò, la politica è un ponte che va imprescindibilmente percorso. Lo sanno bene i giovani britannici che, disertando in buona parte il voto per il referendum sulla Brexit del 2016, hanno consegnato la scelta agli over 40, decisamente più inclini al nazionalismo piuttosto che alle dinamiche opportunità che offre un'Europa unita. Un esempio opposto si ha invece negli Stati Uniti: la più forte partecipazione delle nuove generazioni al voto del 2020 ha posto fine al tanto discusso governo conservatore di Donald Trump, ampiamente sostenuto dagli over 50. L'impatto sociale e mediatico dei giovani rimane poi molto forte. Basti pensare a Greta Thunberg, ragazzina che dal 2018 ha deciso di scioperare davanti al Parlamento svedese per sensibilizzare sulle tematiche ambientaliste. Nei mesi successivi, milioni di giovani l'hanno seguita con i Fridays for Future, e proprio queste grandi marce hanno spinto la politica a lavorare maggiormente alla lotta alle conseguenze del cambiamento climatico: ad esempio, il 2 maggio 2019 il Regno Unito è diventato la prima nazione a dichiarare ufficialmente di essere in "emergenza climatica", impegnandosi legalmente ad azzerare le emissioni nette di Co2 entro il 2050.
Il voto a 16 anni
Molti sostengono che inserire i giovani nel mondo della politica ancor prima della maggiore età possa essere un utile rimedio. Da anni l'abbassamento dell'età di accesso alle urne vede il sostegno bipartisan di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Lega. Quella del voto ai sedicenni è un'idea che compare periodicamente nelle parole dei politici italiani - a parlarne per primo fu Veltroni nel 2007 - ma sembra che questa volta qualcosa stia cambiando. A luglio i senatori si sono espressi a favore di un disegno di legge costituzionale che - se approvato in via definitiva anche dalla Camera dei Deputati permetterà ai diciottenni di votare per il Senato, mentre attualmente si tratta di un diritto riservato agli over 25. Il desiderio sarebbe quindi quello di svecchiare la politica. Ma si tratta di una mossa sensata? Il voto è anche un privilegio da esercitare con maturità. Nessuno toglie che un sedicenne possa avere delle forti opinioni, ma se la maggiore età corrisponde con la fine del percorso scolastico è perché si presuppone che col diploma lo studente possa aver acquisito nozioni di storia, filosofia e letteratura che lo rendano un cittadino consapevole al cento per cento.
La soluzione?
Ci sono due parole che dovrebbero essere cancellate: sfiducia e disinteresse. La prima può scomparire solamente con una classe politica che comprenda volti nuovi, giovani e puliti, che non cambino casacca e opinione continuamente, come purtroppo è tipico degli amministratori italiani. La politica va resa a misura di giovani, creando personalità in cui si possano identificare e che siano loro da esempio. L'indifferenza, invece, difficilmente si cancellerà abbassando semplicisticamente l'età di acquisizione del diritto di voto. L'interesse può aumentare solamente se è la politica stessa a fare il primo passo verso i ragazzi. La strada è quindi più complessa: basta promesse, i politici devono impegnarsi ad attuare realmente delle iniziative che mirino a migliorare la situazione precaria dei giovani italiani e il loro status di "eterni dimenticati".