Si svolge a Trastevere (dal 5 maggio al 2 settembre), presso il Museo di Roma in piazza Sant'Egidio, la mostra intitolata Dreamers 1968: come eravamo, come saremo e curata da Riccardo Luna e Marco Pratellesi, rispettivamente direttore e condirettore dell'AGI, con molteplici contributi di vari archivi, del Corriere della Sera, della Stampa, del Messaggero e dell'Espresso, oltre ai filmati messi a disposizione da RAI Teche e dall'Archivio Audiovisivo presieduto da Vincenzo Vita.
È una mostra intensa e affascinante che si snoda lungo divers corridoi e trasporta i visitatori nel clima e nelle atmosfere di quegli anni. E così, sembra di essere contemporaneamente in piazza per protestare contro la Guerra del Vietnam e a Parigi a manifestare nel Quartiere latino, a Praga per rivendicare il valore della Primavera di Dubček e Svoboda e in Messico ad applaudire il pugno chiuso avvolto in un guanto nero, simbolo del Black power, di Smith e Carlos, e poi all'Olimpico di Roma, con i giornali trasformati in torce per accompagnare il primo e finora unico trionfo degli Azzurri agli Europei.
Sembra di poter acclamare Riva e Anastasi per i loro gol e di poter piangere di fronte agli assassinii, a pochi mesi di distanza l'uno dall'altro, del reverendo King e di Robert Kennedy, candidato per i democratici alla presidenza degli Stati Uniti.
Si ascoltano i Beatles e Patty Pravo, si corre a perdifiato a Valle Giulia, si crede per un momento che sia vietato vietare e si occupa l'Aula 6 di Lettere alla Sapienza.
Si torna a credere in qualcosa, insomma, a immaginare l'impossibile, a sperare, a pensare, come Kennedy, che il PIL misuri tutto tranne ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta e ci si domanda con lui perché non sognare ciò che non è mai esistito invece di rassegnarsi ad uno status quo che anche allora veniva considerato deprimente.
Si saluta Aldo Moro, sconfitto dalla svolta a destra della DC che, nel '71, avrebbe portato Leone al Quirinale, e si prende a pugni il mondo insieme a Nino Benvenuti, ricordando i suoi epici duelli con Emile Griffith.
Si applaudono gli ultimi scampoli della Dolce vita e ci si interroga sul futuro, ben sapendo che poi sarebbero arrivati piazza Fontana, piazza Della Loggia, il treno Italicus, il rapimento e l'omicidio di Moro e mille altre tragedie a spegnere per sempre gli ideali e la magnifica ingenuità di quella generazione.
Infine si esce e ci si domanda: chi governerà in Italia nei prossimi anni? E in quel momento ti assale la voglia di pagare un secondo biglietto e non uscire più.