Nei giorni scorsi i nostri quotidiani locali si sono affollati di articoli su un fatto di cronaca nera che ha sconvolto una tranquilla comunità del centro Sardegna. Non si tratta del classico delitto per regolamento di conto legati al mondo agro-pastorale ma di un mancato femminicidio trasformatosi in omicidio ai danni di Mirko Farci, un ragazzo di 19 anni, morto per difendere sua madre, Paola Piras, 50 anni.
Non esiste una definizione precisa per un omicidio in cui la vittima è figlio dell’ex coniuge, così come non c’è una parola che definisce una madre che sopravvive al proprio figlio. C’è invece la seguente, la rabbia, il dolore che attraversa un’intera comunità, ma un velo di colpa si posa su questo paese che ha taciuto mesi di urla, cocci rotti, occhiali da sole portati anche quando fuori pioveva. L’omicida, un cittadino di origine pakistana di 29 anni, era stato arrestato per maltrattamenti ed era destinatario del divieto di avvicinamento alla casa dell’ex. Questa diffida non è stata sufficiente. Si è inserito nell’abitazione della vittima attraverso un pluviale nel cuore della notte, sorprendendo la madre e il figlio nel sonno. E qui il tragico epilogo. La madre in fin di vita all’ospedale di Lanusei in provincia di Nuoro, trafitta da diciassette coltellate, il figlio nell’obitorio di Oristano, per un’autopsia perché due coltellate sono state letali.