Da un paio di anni a questa parte la moda sta combattendo per abbattere definitivamente gli “stereotipi di genere” e per proporre lo slogan “clothes have no gender”.
La moda si configura ormai come medium per la trasmissione di messaggi che la realtà contemporanea richiede, vuole che la nuova regola sia “essere liberi”, indossare ciò che ci fa star bene e non ciò che fa tendenza, perché in effetti essere se stessi vuol dire anche esprimersi tramite abiti, accessori e tutto ciò che sentiamo “nostro” e che ci distingue dagli altri. Proprio per questo vengono proposti capi che vanno un po' fuori dagli schemi e vanno a creare una concezione meno definita e più fluida di abbigliamento, senza preconcetti. Anche se venti anni fa ciò poteva essere considerato “bizzarro” bisogna sottolineare che l’ interesse verso il genderless ha radici molto lontane, infatti il primo capo privo di genere e unisex, cioè la tuta, è stato realizzato nel 1919.
Unisex, Genderfluid, Genderless
Prima di capire l'evoluzione della lotta agli steriotipi di genere nella moda, è necessario chiarire alcune termini.
Il termine unisex viene coniato nel 1960 per indicare capi adatti ad entrambi i sessi, tra i più importanti sostenitori di questa ideologia ricordiamo Rudi Gernereich con il progetto “The Unisex Project”. Gender-fluid appare quando non ci si vuole etichettare definitivamente e quindi la fluidità trova la massima applicazione nell’indossare capi liberamente. In entrambi i casi si parla di genderless, cioè senza genere: nel concreto tutti e tre i termini vogliono indicare la medesima cosa.
I grandi stilisti e l'approccio all'avanguardia
Molti stilisti si sono cimentati in questa rivoluzione, come il francese Jacques Esterel, famoso per aver realizzato l’abito da sposa di Brigitte Bardot nel 1959, ma soprattutto per aver ideato le gonne da uomo, con un approccio all’avanguardia. La stilista Londinese Vivienne Westwood è conosciuta come la musa del punk, lei ha infatti dato voce negli anni ’70 ,con i suoi capi controcorrente, al punk così come lo conosciamo, capovolgendo le idee convenzionali. Pensiamo poi a Jean Paul Gaultier, l'Enfant Terrible che è riuscito a infrangere cliché e categorizzazioni con la sua collezione “Un guardaroba per due”. Ci sarebbero moltissimi stilisti da citare, come Giorgio Armani, ma una più recente è Stella McCartney, con la sua collezione “Shared”, pensata per un guardaroba condiviso.
Moda gender-less nelle icone di stile
Harry Styles, Timothèe Chalamet, Jaden Smith, David Bowie famosissime icone di stile che hanno contribuito a rivoluzionare il concetto di moda, provocando qualche scandalo. Harry Styles è l’esempio più noto che ci ha dato più volte prova della sua originalità attingendo spesso ai codici di stile degli anni ’60 e ’70 sfoggiando jeans attillati, camicie hawaiane e stivali luccicanti. Sebbene sia stato vestito per anni da Saint Laurent, e saltuariamente da Calvin Klein, Alexander McQueen, e Harris Reed, da quando è diventato testimonial di Gucci, Harry Styles è entrato in piena sintonia con la visione di Alessandro Michele, incarnando naturalmente un’estetica liberata dai limiti di genere.
Pensiamo a David Bowie: i suoi look audaci e ambigui sono sempre stati la chiara manifestazione di una personalità androgina, non soltanto sul palco ma anche nella quotidianità della sua vita privata, in cui era solito indossare con nonchalance eccentrici capi di abbigliamento femminile: scarpe col tacco, orecchini chandelier, gonne pantalone, bluse multicolor e tute glitterate. La moda lo riconosce come icona di stile, immortalandolo sulla copertina di Vogue del 1973 affianco a Twiggy, la celebre modella inglese che ha segnato un’epoca. Nonostante il suo fosse un look estremamente trasgressivo, soprattutto per l’epoca, David Bowie non è mai caduto nell’oltraggioso o nel molesto, restando sempre una persona di gran classe.
Il caso di Marlene Dietrich: icona glamour e fonte di provocazioni
Un altra icona glamour è stata Marlene Dietrich, famosissima attrice anni 30 che indossava con nonchalance lo smoking e i completi da uomo con cravatta e cappello. Con lo stesso charme sfoggiava lunghi abiti da sera. Il suo fascino ha colpito uomini e donne, si è presentata sulla scena con sguardo diretto e schietto, fasciata in abiti scintillanti, con piume e gioielli. Il capo della polizia parigina dovette arrivare agli estremi: con un ordine separato, alla famosa star del cinema fu vietato di camminare lungo gli argini della Senna in pantaloni. La star Dietrich ignorò con arroganza l'iniziativa del capo della polizia parigina. Divenne cos' per i suoi tempi una vera icona di stile e una fonte di provocazioni scioccanti. Solo lei ha avuto il coraggio di rendere i tipici abiti maschili una parte del guardaroba di una donna elegante.
Il progetto MX di Gucci
Per Gucci, Alessandro Michele ha concretizzato la riflessione sull’argomento con il progetto “MX” che si propone di decostruire i dualismi preconcetti e mettere in discussione come si riflettono sui nostri corpi. Sicuramente i capi consentono di creare una dimensione di autoaffermazione dove non vi sono distinzioni di genere, sottolineando come gli abiti siano funzionali alla descrizione di noi stessi, oltre qualsiasi limite. Pezzo forte della collezione una riscoperta della classicissima borsa Jackie 1961, così ribattezzata in onore della first lady Jackie Kennedy. «Ho fatto indossare la Jackie 1961 a uomini e donne e penso che sia una delle borse del passato che può valicare i confini anche oggi – dichiara il creative director Alessandro Michele nella pagina Instagram del marchio – Il nuovo design della borsa supera le tradizionali classificazioni, con la sua versalità e la sua essenza non binary». Vi sono diverse sezioni dedicate a questa collezione, dal classico fino alle borse e scarpe ma qualsiasi pezzo è indossato da modelli dall'aspetto androgino, elemento che ha fatto porre qualche domanda gli attivisti che hanno visto in questo una rappresentazione poco fedele del mondo non binary.