#Unannodihastag
La pandemia letta attraverso gli hastag dei social
Gaia Morici | 9 marzo 2021

“Da oggi su tutto il territorio nazionale vigerà il regime di zona protetta, intesa come misura necessaria a contenere la diffusione del virus Covid 19. Siamo consapevoli di quanto sia difficile modificare le nostre abitudini. Ma purtroppo non c'è tempo. I numeri ci dicono di una crescita importante dei contagi, dei ricoveri in terapia intensiva e dei decessi. Le nostre abitudini vanno cambiate ora. Dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa per il bene dell'Italia, e lo dobbiamo fare subito”. Era una sera, apparentemente come tante altre, quando il Presidente del Consiglio in carica, Giuseppe Conte, parlava per la prima volta di lockdown. Era il 9 marzo 2020 e gli italiani venivano inghiottiti da un vortice buio, profondo e spaventoso, da cui purtroppo nessuno è ancora uscito. La pandemia scoppiata lo scorso anno ha stravolto inesorabilmente le vite di bambini, giovani, adulti, anziani. Tutti, nelle piccole e nelle grandi cose, hanno assistito ad una distruzione progressiva della propria quotidianità; ciò che fino a pochi giorni prima era considerato normale, scontato, diventava irraggiungibile. È stata messa in discussione la normalità, ma con lei siamo stati messi in discussione tutti noi. 

La macchina viene messa in moto

Avete presente l’icebucket challenge in voga qualche anno fa? Ecco così è stato ritrovarsi segregati in casa: una doccia di acqua e ghiaccio, -20 °C, all’improvviso. Come svegliarsi da un sogno incantato e aprire gli occhi in una foresta tenebrosa. Supermercati presi d’assalto, mascherine introvabili, gel igienizzante sold out ovunque; queste le prime ore di panico. E mentre il panico era di fatto dilagante, ecco che dal Governo, seguito a ruota dal mondo dello spettacolo, dagli influecer (sui social), dalle pubblicità, si eleva l’appello “restiamo distanti oggi per abbracciarci domani” , corredato da #iorestoacasa e #andratuttobene. Nelle fasi iniziali della pandemia questi due hashtag sono stati condivisi infinite volte, un monito ad essere collaborativi e non perdere la speranza. Persino i più piccoli ne hanno fatto esperienza; a loro è stato chiesto di accompagnare queste diciture con meravigliosi arcobaleni, che per settimane hanno decorato le facciate di tante abitazioni. Barbara D’Urso tentava di eseguire tutorial convincenti sul lavaggio delle mani, Amadeus stilava l’elenco delle regole da rispettare, le città diventavano deserte, le case si trasformavano in ristoranti stellati e i balconi cominciavano a popolarsi. Proprio i balconi sono stati i protagonisti dei primi giorni di sconforto, come un balsamo che ammorbidisce e risana. Quando tutto era di fatto un grande mistero, l’Italia ha tentato di restare idealmente unita, da Milano a Palermo. Si susseguivano flashmob in cui campeggiava il tricolore, risuonava l’Inno di Mameli e parte del repertorio musicale che è proprio della storia della nostra nazione. Ben presto però quelle voci angeliche hanno lasciato il posto ad applausi scroscianti verso chi stava cercando di salvare vite, e gli occhi si riempivano di lacrime perché il numero delle vittime continuava tragicamente a salire.

Gli effetti della pandemia

La potenza della fotografia. Si esatto, proprio loro, le foto. Nei libri di storia si parlerà inevitabilmente di quello che oggi, a fatica, stiamo vivendo e per comprendere fino in fondo verranno utilizzate delle immagini. Le stesse che hanno fatto il giro dei social, sono diventate virali, e in poche ore sono rimbalzate ovunque.Bergamo: i camion dell’esercito, disposti in fila, divenuti carri funebri; cimitero pieno e salme traportate nei paesi vicini.Papa Francesco solo, in preghiera, in una piazza San Pietro spettrale. 25 Aprile: il Presedente Mattarella da solo sull’Altare della Patria.  Milano: Piazza Duomo completamente deserta. Operatori sanitari stremati, dopo aver trascorso infinite ore al fronte.  Stadi vuoti, scuole chiuse e messe trasmesse in diretta Facebook.  Non basterebbe una galleria intera per comprendere a pieno quello che è stato, ma questi flash sono sufficienti per assaporare il senso di solitudine soffocante che si è protratto per mesi. 

Il 2020 ha annullato l’interazione con l’altro, che sia un amico, un collega, un compagno, banalmente qualcuno con cui intraprendere una conoscenza. La vita si è spostata nel mondo virtuale, a cui bisogna essere indubbiamente grati. La tecnologia ha permesso l’impossibile, e probabilmente diversi uomini del passato, che hanno vissuto situazioni di estrema emergenza, avrebbero preferito rinascere in quest’epoca. Ma in una realtà in cui i social media azzerano le distante, sono state costruite muraglie interiori. Perché il progresso non può essere inteso esclusivamente con un’accezione positiva. La medaglia ha sempre una duplice faccia; da un lato i pregi, dall’altro i difetti. Una lezione su zoom non è una lezione in aula. Una videochiamata su FaceTime con gli amici non è stare seduti insieme, condividendo una pizza, un aperitivo o una partita a Risiko. Lo smart working non è una giornata in ufficio. Non resta che affidarsi ai ricordi di quel che era un tempo la vita vera. D’altronde può questo considerarsi vivere?

Passo dopo passo

Da quando il mondo si è ritrovato catapultato in questa realtà parallela sono trascorsi ben 12 mesi; mesi difficili in cui la conta dei morti non si è mai arrestata (oggi i dati ufficiali parlano di 2,62 milioni di decessi), i contagi non si sono mai fermati e la speranza non è mai svanita del tutto. L’Italia è stata trascinata al suolo, ha sofferto come non accadeva da decenni ed è stata ferita in maniera insanabile. Ma non ha mollato la presa e il suo cuore continua a pulsare. La scarica di adrenalina tanto attesa è arrivata per lei il 27 dicembre scorso: il vaccino Pfizer viene somministrato ai primi operatori sanitari. Prende così avvio la campagna vaccinale in cui sono riposte le speranze di una comunità intera, affinché l’Italia possa rinascere come un fiore.  I social, palcoscenico di sconforto nei momenti più bui della pandemia, tripudiano di gioia. L’hasthag #iomivaccino spopola sul web, insieme con le emozionanti immagini dei primi vaccinati.  “That’s one small step for man, one giant lap for mankind” (Questo è un piccolo passo per un uomo, un gigantesco balzo per l’umanità) diceva Neil Armonstrong, nel compiere il primo passo sulla superficie lunare. La strada da percorrere è ancora molto lunga, e il raggiungimento dell’immunità complessiva molto lontano; ma non esiste rivoluzione senza un punto di inizio. Era il 9 marzo 2020, arriverà la fine!