Il Festival del Turismo Responsabile è nato nel 2009 a Bologna, da Associazione YODA, COSPE onlus e NEXUS Emilia Romagna. Negli anni ha creato una rete importante che oggi conta oltre 700 realtà locali, nazionali e internazionali, coinvolgendo 21 territori e 11 regioni italiane. È il primo e unico festival in Italia che si occupa di turismo responsabile e innovazione turistica in un’ottica sostenibile, per vivere i territori nel rispetto delle culture e dell’ambiente. Sonia Bregoli, co-fondatrice e coordinatrice della rete nazionale IT.A.CÀ Migranti e Viaggiatori: Festival del Turismo Responsabile, ci ha raccontato lo svolgimento dell'ultima edizione del Festival e ha sollevato importati riflessioni sulle future modalità di turismo.
Quali saranno le ultime tappe del festival?
Siamo arrivati verso la fine di questa particolare edizione del festival visto il momento che stiamo vivendo, toccheremo complessivamente 11 tappe: le ultime tre tappe saranno Napoli, Levante Ligure ed Acerra. La tappa di Napoli ad esempio è pensata per riqualificare e valorizzare alcune zone della città come il Rione Sanità o i Quartieri Spagnoli che adesso stanno vivendo una seconda vita, come se fossero diventati luoghi di cultura e arte con la presenza di molte associazioni che organizzano tour per raccontare la storia del quartiere: l’idea di portare IT.A.CÀ a Napoli era pensata per sottrarla dal solo turismo di massa come quello dei croceristi che scendevano dalle navi per invadere la città. C’è una rete che è un osservatorio del turismo dell'Università di Napoli che sta seguendo degli studi relativi al turismo per cercare nuove politiche per avviare un turismo sostenibile che sia rispetto della storia e del patrimonio culturale della città di Napoli. Anche una regione come la Liguria subiva un turismo di massa esponenziale rispetto alla sua grandezza e la tappa di Acerra - Campania Felix è molto significativa: apriremo dibattiti relativi all'impatto ambientale ma vogliamo anche raccontare un altro volto della città che non sia necessariamente legato alla narrazione sulla Terra dei Fuochi.
Quale bilancio generale può farci? Come è cambiato il Festival a causa dell'emergenza Covid-19?
Durante la pandemia siamo andati sull’online e quando hanno riaperto abbiamo deciso con tutti i coordinatori delle varie tappe di portare un messaggio e farci sentire lo stesso, regole permettendo. Abbiamo deciso di ripensare l'assetto del Festival facendo dei piccoli eventi, delle camminate o biciclettate che ci avrebbero permesso di svolgere questi eventi all’aperto spostandoci sui territori per poter continuare a parlare dei nostri obiettivi: impatto sulla natura, sostenibilità e turismo responsabile. Abbiamo ridimensionato il festival in una maniera modulabile e che fosse in sicurezza, per questo abbiamo dovuto annullare convegni ed incontri che avrebbero necessitato della presenza di troppe persone. Abbiamo preferito fare dei mini-tour a piedi, in bicicletta o in canoa: una dimensione più intima e ristretta pensata per permettere lo svolgimento della tappa. Ci siamo dedicati ai cammini per creare itinerari organizzati con le reti locali anche se non più corpose come gli anni passati. Durante la pandemia abbiamo riflettuto sulla necessità di creare un binomio tra l’online e la possibilità di svolgere attività sul posto che ci ha fatto capire come fosse necessario essere più presenti anche sulle piattaforme online. Questo anno c’è stato grande interesse da parte della comunità, questa crisi ha creato un’apertura maggiore verso questi temi perché si sta capendo che l’ambiente è fondamentale e deve essere salvaguardato.
Quale sarà il futuro del turismo?
Il turismo tradizionale è profondamente in crisi perché gli spostamenti sono limitati e non possiamo viaggiare più come prima: la crisi del turismo di massa ha un impatto enorme. Noi ci siamo sempre allontanati dal tipo di turismo "mordi e fuggi" con turisti che fagocitano le città. Sono ormai dodici anni che riflettiamo e troviamo vie alternative per un turismo che non sia così impattante non solo per la città ma anche per i cittadini stessi. Forse quel turismo non ci sarà più o sarà di un altro tipo: per questo bisogna pensare ad una modalità di turismo più rispettosa e lenta: quest’anno ad esempio i cammini sono andati tantissimo. Bisogna sempre porsi delle domande: è necessario un filo conduttore per capire l’impatto che noi abbiamo sul territorio. Noi di IT.A.CÀ ci auguriamo che diventi la normalità vivere un turismo ad impatto zero che faccia circolare l’economia anche nei piccoli territori come i borghi antichi e i luoghi inesplorati privilegiando anche le piccole attività e i commercianti locali che devono essere inclusi in questa riscoperta.