Non si tratta di titoli vinti o di squadre guerriere plasmate alla perfezione, con un talento e una maestria di cui pochi tecnici dispongono: quando si parla di Marcello Lippi da Viareggio, classe 1948, che oggi raggiunge l'invidiabile traguardo dei settant'anni, si parla di un gentiluomo burbero e apparentemente cinico che, in realtà, è una delle persone migliori che esistano nel mondo dello sport.
Marcello Lippi, artefice dell'ultimo trionfo mondiale degli Azzurri: un obiettivo che oggi non possiamo nemmeno sognare, tanto si è impoverito negli ultimi dodici anni il nostro calcio.
Marcello Lippi lo juventino, demiurgo di una delle compagini bianconere più forti di sempre, capace di vincere tutto ciò che c'era da vincere, compresa l'agognata Champions League che manca ormai nella bacheca del club torinese da ben ventidue anni.
Marcello Lippi e le sue sfuriate, talvolta finanche memorabili, come ad esempio quella con cui si dimise dalla guida dell'Inter dopo un'epica figuraccia rimediata dai nerazzurri al Granillo di Reggio Calabria contro la Reggina.
Un uomo difficile, scontroso, a tratti persino superbo ma non per questo cinico o insensibile, tutt'altro, come ha avuto modo di testimoniare chiunque abbia avuto la fortuna di lavorare con lui.
Uno straordinario esperto di calcio e un sognatore che non si è mai arreso, in grado, con la propria straordinaria esperienza, di tenere la Nazionale al riparo dalla tempesta di Calciopoli e di forgiare un gruppo indissolubile, talmente coeso che riuscì a non farsi condizionare neanche dallo shock subito in seguito al tragico tentativo di suicidio di Gianlcua Pessotto.
E poi è sempre stato un inventore di soluzioni ai limiti dell'impossibile, come testimonia la pazza idea di trasformare il centrocampista offensivo Zambrotta in uno dei terzini destri più forti al mondo.
"Il Marcello", come è stato affettuosamente ribattezzato dai tifosi bianconeri, è un personaggio così: prendere o lasciare. Ha il suo sigaro, i suoi tempi, i suoi modi, le sue battute, la sua irriverenza tipicamente toscana, i suoi lampi di genio, i suoi guizzi e le sue tremende idiosincrasie: guai a farlo arrabbiare ma guai anche a pensare che non sia capace di bontà e di gentilezza perché è vero esattamente il contrario.
Lippi è un navigatore solitario, un esploratore indomito, un conoscitore e un amante della vita nelle sue molteplici sfaccettature, una perfetta espressione dello stile Juve e un vanto dell'Italia nel mondo. Ha la tenacia delle persone serie e la costanza dei vincenti che non amano apparire. Per questo, al pari di Ancelotti e altri miti, ha rivoluzionato il calcio contemporaneo in modo apparentemente impercettibile ma in realtà profondissimo. Ha fornito un esempio che, purtroppo, non è stato seguito né adeguatamente valorizzato e nel 2010, ahinoi, i reduci della campagna di Germania, a cominciare da capitan Cannavaro, non erano più gli stessi. Dopo di lui il diluvio, mentre il saggio nocchiero veleggia al largo, certo di saper affrontare ogni burrasca.