Quando, a inizio marzo, il Coronavirus ha iniziato a circolare in Italia, non ho subito realizzato cosa stesse succedendo: per me non era nulla di grave, nulla di rilevante per tutti noi, ma non era così. Il giorno in cui hanno chiuso le scuole, ero veramente felice e mi sentivo quasi libera, libera da ogni mio dovere scolastico, spostamenti avanti e indietro e non volevo vedere nessuna persona, neanche una.
Stavo passando un periodo strano e quasi incomprensibile: per mesi mi sono sentita un pesce fuor d’acqua, persa nel nulla. Non avevo più voglia di andare a scuola, non mi interessava più quello che studiavo e odiavo tutti, sì, il tipico periodo in cui nessuno è indispensabile, tranne una persona, l’unica che mi faceva stare bene, in un certo senso. Dicevo, quindi, che per me era una vera e propria liberazione poter stare fuori da tutto e tutti: già fantasticavo su come passare le mie giornate nella mia bella cameretta. Iniziata la vera e propria quarantena, però, dentro di me c’era un po’ di paura, mista a tristezza e impotenza.
Un intero Paese fermo e non si sapeva ancora per quanto… ecco, forse il “non sapere” è la cosa peggiore: l’essere in bilico e sentirsi impotenti, perché il nostro unico modo per aiutare era quello di rimanere in casa. Allora dovevo programmarmi le mie giornate e trovarmi da fare, tantissime cose da fare… mi ricordo che ho buttato giù un foglio con su scritto tutti gli hobby e i miei interessi per poterli gestire nelle giornate e nella prima facciata del foglio il mio programma di studio: quali materie dovevo studiare, in quale parte della giornata e come.
Dad
Non si sapeva un granché sulla sorte della scuola, infatti all’inizio abbiamo solo svolto dei compiti per poi mandarli ai professori tramite mail o registro elettronico; dopo un po’ di tempo ci hanno comunicato che ormai il nostro modo di continuare le attività scolastiche sarebbero state le videolezioni, una o due ore ogni giorno. Abbiamo cambiato piattaforme, abbiamo conosciuto nuovi modi per comunicare e, personalmente, devo dire che non è niente male, anzi, da quel momento fino ad oggi ho sempre seguito, preso appunti e ascoltato abbastanza. Non mi ritrovo in quella cerchia di persone che odiano tutto ciò che ha portato la quarante: questo perché alzarsi presto la mattina, prendere l’autobus e stare 5 ore tutti i giorni su di una sedia, a parer mio, è molto più pesante.
Il primo mese
Il primo mese è stato un altalenarsi di emozioni: libertà dalla scuola ma costretta a casa e lontana da tutto il resto. Tristezza, paura, sicuramente, ma più di tutti la mancanza di determinate persone importanti per me. Mi mancava tanto uscire, vedere qualcosa di diverso dalla mia palazzina e dal mio quartiere, da quelle stesse persone di tutti i giorni.
Ho imparato a stare in famiglia molto di più, ad apprezzare piccole cose (come ben sappiamo tutti) e a capire cosa mi piace fare, chi mi piace avere accanto. Questa è stata una pandemia che nessuno si aspettava, per me è stato come trovarsi in un film assurdo, senza spiegazioni: tantissime persone che morivano, altre che non guarivano e così abbiamo iniziato a usare le prime precauzioni per proteggerci.
Per molto si è respirato un clima di ansia e chi l’avrebbe detto che la nostra più grande paura sarebbe stata, nel 2020, avvicinarsi alle persone? Io sicuramente no!
Aprile
Ci si avvicina ad Aprile e con la mia famiglia abbiamo fatto di tutto, vivendo tutti nello stesso palazzo, per poterci sentire in compagnia: abbiamo organizzato pranzi, cene squisite, ridendo e scherzando, ricordandoci che non ci era stato tolto tutto.
Quello è stato il mese in cui iniziavo a sentire maggiormente la necessità di uscire, di cambiare aria, anche di vedere semplicemente passeggiare delle persone abbastanza vicino a me… insomma, la mancanza della normalità iniziava a farsi sentire sempre di più.
Maggio
Arrivata a oggi non so neanch’io come siamo qui, perché alla fine per me è sempre così: quando c’è un evento difficile da affrontare, fastidioso e preoccupante, penso immediatamente: “Passa subito, voglio già ritrovarmi alla fine di tutto, quando sarà solo un ricordo”.
Dopo non so quanti decreti, fake news e mezze riaperture, la situazione migliora a poco a poco. Non del tutto, ma migliora e arriva la notizia di una parziale riapertura per il 4 maggio, data importante per poter finalmente uscire un po’ di casa.
Un paio di giorni dopo sono uscita per andare alle Poste e al supermercato con mia sorella, con tanto di mascherina e guanti. Poi siamo andati dai miei nonni (sempre con le precauzioni e il rispetto delle distanze sociali) e la sensazione di rivedere il mondo, le macchine, la natura quasi come qualcosa di mai visto prima è stata un po’ una rinascita. Per avere solo 17 anni, da aquilana, ho vissuto abbastanza catastrofi e spero che non ce ne sia ancora per molto!
Non è tutto finito: i contagi ci sono ancora e infatti spero che, nel giro di questo mese, nessuno approfitti di questa piccola libertà che ci è stata data. Mascherina e guanti faranno parte del nostro abbigliamento ancora per molti mesi, ma che importa? In fondo dobbiamo solo proteggerci e presto tutto questo sarà uno strano e improbabile ricordo.
La speranza è quella di non rivedere il nostro Paese così in ginocchio; che la normalità torni e che non ci sia più neanche “una persona in meno”. Io farò sicuramente tesoro di questi mesi perché stando già molto bene con me stessa e non avendo difficoltà a passare del tempo da sola, mi ha aiutato a riflettere ancora di più e allo stesso tempo a ripartire da zero.
Quanto sarà bello riassaporare un gelato in compagnia di un amico?
Passeggiare e vedere le persone intorno a noi?
Guardare come un fiorellino cresce nel tempo?
Credo che per noi sarà come la natura: una rinascita, che è costata molto a tutti ma che ha cambiato di gran lunga il nostro modo di vedere.